La nuova domenica a messa fra steward e adesivi sui banchi

Anche volontari all’entrata delle chiese per dare indicazioni  su dove sedersi. Gel igienizzante, mascherine e pure visiere
Foto BRUNI Trieste 24.05.2020 cattedrale di S.Giusto:la prima messa dopo 3 mesi
Foto BRUNI Trieste 24.05.2020 cattedrale di S.Giusto:la prima messa dopo 3 mesi

TRIESTE L’acquasantiera da una parte e dall’altra il dosatore di gel igienizzante. È questa l’immagine che ieri ha accolto i fedeli triestini di rito cattolico al soglio dei templi, in occasione della prima messa domenicale officiata dopo il lockdown. Lo svolgimento delle celebrazioni è stato regolato da apposite disposizioni firmate dal vescovo Giampaolo Crepaldi, con cui si è dato seguito al protocollo siglato a livello nazionale tra governo e Cei.

Sul sagrato della cattedrale di San Giusto, poco prima dello scoccare delle 10.30, qualcuno ha chiesto: «La messa c’è?» , come per cercare una conferma prima di entrare. All’interno i banchi erano segnati con bollini verdi, come da linee guida: per tutte le chiese era necessario segnalare i posti occupabili nel rispetto della distanza di sicurezza, anche ricorrendo a cartelli. Tornando a San Giusto, l’affluenza era discreta ma non si è registrato un pienone. Era visibile invece la cautela dei fedeli. Se le mascherine erano ovviamente obbligatorie per tutti i presenti (così come l’igienizzazione delle mani all’ingresso, che a sua volta va effettuato uno alla volta e nel rispetto delle distanze), molti indossavano di propria spontanea volontà anche guanti monouso e qualcuno addirittura un frontino con visiera di plexiglas a totale copertura del viso.



Sempre in ottemperanza alle disposizioni diocesane, a Santa Maria Maggiore come altrove si è deciso di usare l’accesso principale come entrata e come uscita una porta secondaria. Un po’ ovunque cartelloni illustrativi posizionati agli ingressi riassumevano i comportamenti da tenere. Molte parrocchie poi si sono organizzate con gruppi di steward volontari, resi riconoscibili da casacche o badge, che fornivano informazioni e indicavano dove sedersi. È successo ad esempio a San Giacomo o a San Giovanni. «È stata una bella occasione di collaborazione, come in una grande famiglia parrocchiale bilingue, di persone di tutte le età – racconta don Sergio Frausin, parroco appunto di San Giovanni –. Entrambe le comunità, italiana e slovena, hanno fornito volontari per facilitare gli ingressi e sanificare i banchi, le componenti dell’altare, l’ambone. Abbiamo anche aggiunto un’ulteriore messa, alle 18.30, per diluire le presenze nell’arco della giornata». Presenze che ad ogni modo «non hanno superato il centinaio a ogni celebrazione – prosegue don Frausin –. Se da un lato c’era desiderio di tornare, dall’altro c’è ancora un po’ di timore. Forse qualcuno aspetta di chiedere agli altri com’è andata, per sentirsi sicuro. Senz’altro è stata una prima volta un po’ per tutti noi, e tutti siamo stati scrupolosi».

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Altre regole hanno riguardato nello specifico lo svolgimento del culto: niente segno di pace, per dirne una, poiché implicherebbe un contatto. Non ci si inginocchia durante la preghiera eucaristica. Nessuno passa più a raccogliere le offerte, che vanno invece lasciate all’interno di appositi contenitori. Particolare attenzione si presta nel momento della Santa Comunione: l’eucarestia può essere distribuita solo sulla mano, tramite una pinzetta (una specifica precauzione della Diocesi, non prevista dal protocollo nazionale). Una volta presa la particola (mettendosi in fila a distanza di almeno 1,5 metri gli uni dagli altri oppure aspettando che siano i ministri a passare tra i banchi) occorre poi abbassarsi la mascherina per comunicarsi, avendo cura di non farlo di fronte al ministro. E così via. «Certo fa strano ma ci abitueremo – commenta una coppia con una bimba piccola, fuori dalla chiesa di Sant’Antonio Nuovo –. Colpisce l’organizzazione, la cura per i dettagli, come le porte lasciate spalancate per far circolare l’aria. Senz’altro ora come ora sembra più pericoloso andare al supermercato che a messa».

La giornata di ieri – o comunque la settimana appena conclusa – ha segnato la ripresa delle liturgie anche per tante delle numerose comunità religiose acattoliche di Trieste. Comunità che a loro volta, a livello di vertici nazionali, negli scorsi giorni avevano firmato singoli protocolli di sicurezza con l’esecutivo italiano. «Oggi (ieri, ndr) abbiamo ripreso i culti in Scala dei Giganti – spiega il pastore della Chiesa valdese e metodista triestina, Dieter Kampen –. La Tavola valdese ci ha mandato istruzioni dettagliate. So che anche la comunità luterana ha officiato, mentre quella avventista aspetta di capire come gestire gli spazi, ristretti rispetto al numero di fedeli». Analogamente ieri è stata la data di avvio anche per le comunità ortodosse serba, greca e romena.

«La funzione più importante è stata quella del sabato ma il tempio è aperto da inizio settimana per celebrazioni più raccolte – aggiunge Alessandro Salonichio, presidente della Comunità ebraica –. Siamo stati intransigenti nell’applicazione delle regole, con sanificazione degli ambienti, gel e mascherine, posti a sedere distanziati. Siccome abbiamo funzioni lunghe, chi dovesse assentarsi momentaneamente deve poi sanificarsi le mani e cambiare i guanti monouso». —


 

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