"La nostra è la Chiesa dei poveri, non quella del potere"

I preti della Lettera di Natale: fede autentica è la disponibilità a incontrare ogni giorno Cristo in chi soffre
TRIESTE.
Si sono sentiti identificati nelle parole del Vescovo Giampaolo Crepaldi che così ha affermato: «Nella mia vita ho imparato presto a diffidare di chi ha sempre in bocca le parole dialogo, tolleranza e pluralismo. Si tratta di persone, in genere, convinte di possedere la Verità. Io mi metto sempre con coloro che, invece, cercano umilmente e cristianamente di rendersi disponibili a lasciarsi possedere dalla Verità». E poi in quelle pronunciate nell’omelia della messa domenicale dal parroco di San Giusto, don Giorgio Carnelos: «Quello che mi dà fastidio sono i pretonzoli che scrivono lettere. Se avessero più fede, non scriverebbero lettere e non agirebbero così».


Gli otto sottoscrittori della lettera di Natale, quella che, assieme ad altre, avrebbe innescato da parte dello stesso Vescovo la soppressione in toto della rubrica delle lettere sul settimanale diocesano Vita nuova, si sono incontrati ieri per una delle loro riunioni periodiche che stavolta non poteva non essere incentrata sul dissidio con la Curia e hanno emesso una nota cortese nei modi, ma estremamente ferma nei contenuti. Così si esprimono i sacerdoti Pierluigi Di Piazza, Mario Vatta, Giacomo Tolot, Luigi Fontanot, Piergiorgio Rigolo, Andrea Bellavite, Alberto De Nadai e Franco Saccavini: «Esprimiamo la nostra appartenenza alla Chiesa del Regno di Dio e del Concilio Vaticano II, la chiesa dell’opzione decisa per i poveri, la chiesa del pluralismo e del dialogo, la chiesa profetica dell’annuncio del Vangelo e della coerente testimonianza nella storia; non quella del potere, ma maestra dell’anima, sempre al servizio dell’umanità».


«Interpellati quotidianamente dal Vangelo - affermano ancora gli otto sacerdoti - ci chiediamo se stiamo costruendo l’umanità della giustizia, della pace, della fraternità in relazione con tutti gli esseri viventi e con l’intero creato, se la Chiesa ne è al servizio e se noi ne siamo servitori chiedendo coerenza a noi stessi».


Dicono di avere seguito con «attenzione, sofferenza e serenità d’animo», le vicende del settimanale diocesano, la lettera di Claudio Magris, la risposta dell’Arcivescovo, le altre dichiarazioni riportare dai media e sostengono di essersi «sentiti chiamati in causa, anche se i riferimenti a noi sono stati il più delle volte impliciti. «Per noi tutti nella Chiesa - sostengono ancora - il giudizio sull’autenticità della nostra fede, come il Vangelo ci insegna, è la nostra disponibilità quotidiana a incontrare Cristo in chi è affamato, assetato, nudo, ammalato, carcerato, forestiero, cioé in ogni persona che esprime sofferenze e bisogno di accoglienza e di risposte umane».


«In tutti questi giorni - ha affermato a margine Andrea Bellavite - abbiamo sentito tante critiche sulle persone, ma mai sui contenuti e relativamente alle dichiarazioni del parroco di San Giusto non so chi ha diritto di stabilire chi ha fede e chi no». Don Bellavite rimarca di essere stato sospeso a divinis dopo essersi candidato a sindaco di Gorizia per la lista Sinistra alternativa. «Da giornalista che per otto anni ha diretto un gionale diocesano - precisa Bellavite - mi auguro che il Vescovo chieda scusa perché non è lecito interferire nelle scelte di un direttore di giornale e non si è mai visto un editore che critica il proprio giornale».


È una battaglia che trova sostegno anche nel parroco di San Rocco a Gorizia, Ruggero Dipiazza: «Le lettere bloccate, la conta delle copie del giornale, delle spese, non mi sembrano uscite sagge da parte di chi ai vertici dovrebbe avere la saggezza di saper parlare e di saper tacere». L’unico firmatario triestino della lettera, don Mario Vatta ha dichiarato un paio di giorni fa: «C’è molta gente che in questo momento si sente disprezzata dall’atteggiamento del Vescovo. Ho atteso che arrivasse un Pastore e invece mi sono trovato un manager».


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