La movida violenta di Trieste allarma la Regione Fvg: "Meglio zone a numero chiuso"

Preoccupano gli assembramenti notturni a Trieste, dove ormai soltanto pochi rispettano le misure e nessuno le verifica. E così dopo gli eccessi di venerdì a Trieste, l'assessore regionale Roberti si smarca dal Comune e invoca una stretta immediata. Il vicesindaco Polidori fa dietrofront e apre all’opzione varchi 

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TRIESTE L’allievo bacchetta il maestro. Dopo la rissa scoppiata venerdì notte nei pressi di via Torino e gli eccessi registrati in altre zone calde del centro di Trieste, l’assessore regionale alla Sicurezza ed ex vicesindaco Pierpaolo Roberti invoca quelle regole rigorose che il sindaco Roberto Dipiazza solo tre giorni fa aveva detto di non ritenere necessarie nel corso del tavolo sulla sicurezza coordinato dalla Prefettura. Regione e Comune si dividono sulla linea per arginare i bagordi notturni a Trieste ma, dopo l’episodio, il municipio abbandona la linea del laissez faire e opta per appoggiare il piano che gli stessi esercenti della zona avevano proposto, ma che Dipiazza aveva ritenuto superfluo per non introdurre nuovi controlli senza aver prima fatto un test sul comportamento dei cittadini.

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Le botte da orbi volate in centro puntano però un ulteriore faro sulla cosiddetta movida e sulle conseguenze che la mancanza di autocontrollo di una parte dei clienti potrebbe avere nel far risalire la curva dei contagi. Gli assembramenti in via Torino, come d’altronde il ritorno di massa nei locali notturni di tutta Italia, sono al centro di un dibattito cominciato subito dopo la fine del lockdown.

E se prima la questione riguardava soltanto l’assenza dell’ormai famigerato distanziamento sociale, l’abitudine a tenere la mascherina sul mento per sorseggiare il gin tonic e le multe ai bar, ora l’attenzione si sposta sugli aspetti di ordine pubblico. In una notte, non c’è stata infatti solo la rissa tra una decina di ragazzini (italiani) nei pressi di via Torino e piazza Venezia, ma pure una zuffa tra pakistani nei pressi della stazione e un’altra colluttazione tra giovanissimi nel cuore di Cavana, con tanto di porta del Museo d’arte orientale divelta.

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Torna così d’attualità quel progetto sicurezza che prevedeva ingressi contingentati e vigilantes privati addetti ai controlli in via Torino. Un piano voluto dagli stessi esercenti e gradito a Fipe, Prefettura, Questura e Polizia locale, ma bocciato dal sindaco Dipiazza durante l’ultima riunione del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica. Il primo cittadino è stato l’unico dei presenti a esprimere un parere contrario e qui è arrivata l’indiretta bacchettata dell’assessore Roberti.

La proposta concreta era stata presentata dalla Fipe alle istituzioni sulla base di un piano predisposto da Tommaso Centazzo, gestore di una discoteca triestina e referente commerciale della “Securfox” srl di Ferrara. Il progetto, concordato con gli esercenti di via Torino (disponibili a farsi carico delle spese), prevedeva la creazione di un perimetro circoscritto tra piazza Hortis, via Diaz e via Cadorna. Una zona delimitata da transenne e con la presenza degli addetti al controllo ingressi. Un modo per contingentare gli accessi a via Torino, così da evitare assembramenti attorno ai locali. Il piano, preparato nelle scorse settimane quando i divieti erano ben più rigidi, era stato pensato per una rimodulazione progressiva in base all’evoluzione dei contagi. Tra i suggerimenti figurava, ad esempio, anche il controllo della temperatura a ciascun avventore. Un’ipotesi, questa, scartata non appena le maglie delle limitazioni si sono via via allargate. Il progetto però, come detto, è stato bocciato nel suo insieme da Roberto Dipiazza, contrario a interventi specifici anti movida.

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Roberti, ex braccio destro di Dipiazza fino all’elezione in Consiglio regionale, parla chiaro e si mette sulla posizione opposta a quella del sindaco: «Su via Torino – scrive Roberti sui social – agiamo in fretta per mettere in campo un progetto voluto dagli esercenti e condiviso con le forze dell’ordine. Un progetto che nasce dall’esigenza di evitare assembramenti in epoca Covid, ma che per il futuro rimarrà uno strumento per fare in modo che “movida” sia il gruppo di amici che passa una serata spensierata, un locale che vende dando lavoro ad altri ragazzi, mai più teppa che trova divertente menarsi o spaccare tavoli e sedie». L’assessore non nomina mai il municipio, ma di fatto lo tira per la giacchetta dopo un no che ha stupito un po’ tutti i protagonisti convocati in Prefettura. Ma su Dipiazza, Roberti stempera: «Il sindaco non voleva creare altre imposizioni e limitare la libertà, ma tutto il caos di questo weekend dimostra che bisogna procedere con la proposta dei gestori».

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Foto di Massimo Silvano


Erano stati gli stessi esercenti a proporre un’area con accessi contingentati tramite transenne, a dirsi pronti a pagare il personale della sicurezza e a chiedere presenza delle forze dell’ordine a presidio delle regole. Un regime ritenuto troppo rigido da Dipiazza, apparso più volte insofferente alle restrizioni imposte dal Covid-19. Il veto del primo cittadino ha fatto slittare la decisione a questa settimana, quando il prefetto Valerio Valenti chiederà di riaggiornare le posizioni in base all’andamento delle serate nel fine settimane.

La linea del Comune muterà, come preannuncia il vicesindaco e assessore alla Sicurezza Paolo Polidori: «Questa settimana si è voluta testare la responsabilizzazione degli utenti, che per qualche cretino evidentemente non c’è. Non si possono criminalizzare tutti gli altri ma serve prevenzione e alla prossima riunione del Comitato cercheremo la quadra sul piano degli esercenti, prima di prendere provvedimenti più drastici, perché non vogliamo arrivare alla chiusura anticipata dei locali». —




 

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