La morte della bimba turca di 10 anni che l’Europa non ha saputo evitare

Il dolore degli abitanti della zona in cui la piccola è annegata. «Una disgrazia così, dietro la porta di casa, ti tocca davvero»

Mauro Manzin

TRIESTE È giusto morire oggi per un sogno? È giusto che gli uomini innalzino nuovi muri per evitare che dei disperati varchino il confine e “invadano” il sacro suolo della patria? Che colpa aveva la bambina turca di 10 anni, sordomuta, che con la mamma e i 3 fratelli cercava quel sogno, fatto di pace, lavoro, scuola, amici... normalità. Nessuna colpa. Eppure è morta annegata in due metri d’acqua nella Dragogna, in Europa.

Per scoprire la stupidità degli Stati basta camminare lungo il fiume - fiume poi è una parola grossa - Dragogna, al confine tra Croazia e Slovenia in Istria. Qui inizia il muro che Lubiana ha deciso di innalzare lungo tutto il confine con la Croazia. Ma quale muro? Attraversare oggi il Dragogna è un gioco da ragazzi, basta trovare uno dei varchi lasciati aperti per il transito della selvaggina ed è fatta. Milioni di euro inutili in ferro e filo spinato vanno in fumo. Perché non spenderli piuttosto per aiutare quelle persone che, come la bimba turca, inseguono il loro sogno?

La valle è silenziosa, immersa nel suo sonno invernale, nidi di merlo tra i canneti. Non c’è anima viva, passare il confine è un gioco da ragazzi, lo abbiamo fatto noi con un salto oltre quel rigagnolo che solo pochi giorni fa, causa le piogge torrenziali, si è trasformato in una trappola mortale per la piccola scivolata dalle spalle della madre stremata. È qui che i trafficanti di uomini lasciano i migranti al loro destino. Questa volta un tragico destino. E mentre sei lì e ti chiedi come possa essere accaduto, hai quasi la sensazione che occhi nascosti ti guardino dall’altra parte del fiume.

È facile ora per il capo della polizia croata in Istria Božo Kirin dire alla tv: «Speravamo tutti che finisse bene». Quella polizia che i migranti li picchia e li deruba al confine con la Bosnia-Erzegovina, magari ha derubato anche la mamma della bambina, che un passeur spregiudicato ha lasciato sulle sponde di questo fiume ingrossato e diventato pauroso, dopo aver intascato la spropositata cifra per il suo sporco lavoro di trafficante di uomini. Tace oggi la valle della Dragogna, resta il canto eterno dell’acqua che scorre, quell’acqua che ha spezzato la vita di una bimba di 10 anni. C’è solo tanto fango, ovunque il fango dell’Europa, sorda, muta e cieca di fronte a questo dramma del millennio.

Ascoltano la radio e si preparano a cenare Ivan e Nevenka Furian nella loro piccola casa di pietre a poche centinaia di metri dalla Dragogna. «Sì, ci sono molti migranti che passano di qui, ma lo fanno la notte - spiega la signora Nevenka - non si avvicinano alle case perché hanno paura, ma io li aiuterei come avrei fatto di tutto per quella bambina, che tragedia», e sugli occhi le spuntano i lucciconi. Il cane Rambo si accovaccia ai suoi piedi mentre Ivan brontola come una caffettiera. Più verso la foce c’è un’altra casa isolata. Dentro ci vive Ivo Kastelič. «Sì, qui ci sono i migranti, ma fino ad oggi non sono mai stati tanti. O almeno non si fanno vedere. Di solito passano il confine più a nord a Villa del Nevoso, ma forse, ora che lassù c’è la neve, si spingono più a sud», racconta. «Come arrivino fin qua non lo so - aggiunge -. Certo non lo fanno da soli, di sicuro sono accompagnati da qualche mascalzone che lucra sulle loro vite». «Che disgrazia - sussurra - il fatto è che è successa qui, fuori dalla tua porta e per questo ti tocca fin nel profondo del cuore».

Ma i ministri? Loro ce l’hanno un cuore? Nell’attesa di rispondere a questa domanda che rischia di rimanere retorica annotiamo che qualche giorno fa il ministro degli Interni della Slovenia Aleš Hojs ha respinto le accuse secondo cui la polizia slovena avrebbe respinto con la forza i migranti alla frontiera. Tuttavia ha accusato la polizia croata di aver istruito i migranti su come richiedere protezione internazionale in Slovenia. A riprova delle sue affermazioni, ha affermato che quest'anno la Slovenia ha quasi il 60 per cento in più di domande di protezione internazionale, sebbene siano stati scoperti circa il 40 per cento in meno di migranti illegali. Alla fine di ottobre di quest'anno, in Slovenia erano stati segnalati più di 8.000 ingressi illegali, quasi tutti dalla Croazia, il che significherebbe che la Croazia non ha ancora un buon controllo del confine con la Bosnia-Erzegovina. In risposta a una domanda, Hojs ha affermato che quando la Croazia entrerà nell'area Schengen, la Slovenia agirà in modo molto simile all'Austria, effettuando cioè controlli alle frontiere interne di Schengen, e non rimuoverà le barriere tecniche. «Visti i numeri - ha detto - deciderei da solo di non ritirare drasticamente nulla dal confine. Sto parlando del confine verde». Stando alle fonti ufficiali, dal 2018 le persone riconsegnate alla Croazia sarebbero circa 29.000 mila. Nell’ultimo fine settimana la polizia di Capodistria ha registrato 89 passaggi illegali del confine.

E se la piccola turca è annegata nella Dragogna solo un chilometro verso il mare, a Sicciole, un giovane del Bangladesh è stato rinvenuto cadavere venerdì scorso, stroncato dal freddo della notte. Era riuscito a passare dalla Croazia in Slovenia. Quello che appare evidente a quanti seguono i flussi lungo la Rotta balcanica è che i profughi sostanzialmente non si fidano della polizia. In Slovenia, ad esempio, non mancano severe critiche all’indirizzo delle autorità che ostacolerebbero le pratiche per la richiesta d’asilo. Insomma, basta che se ne vadano dal sacro suolo della patria.

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