La moria degli sportelli bancari di Trieste. Dal 2014 chiuso uno su 4

Ventinove sedi perse in un quadriennio, dal centro alle periferie. Oggi ne resta attiva un’ottantina. L’allarme dei sindacati: «Altri addii prevedibili nel corso del 2018». Disagi per correntisti e non solo
Sono ben 29 gli sportelli bancari chiusi in città nel quadriennio che va dal 2014 al 2017. Ce n’erano circa 110 di attivi quattro anni fa, siamo sull’ottantina oggi. Un calo superiore al 25 per cento del totale.
Sono ben 29 gli sportelli bancari chiusi in città nel quadriennio che va dal 2014 al 2017. Ce n’erano circa 110 di attivi quattro anni fa, siamo sull’ottantina oggi. Un calo superiore al 25 per cento del totale.

TRIESTE Sono ben 29 gli sportelli bancari chiusi in città nel quadriennio che va dal 2014 al 2017. Ce n’erano circa 110 di attivi quattro anni fa, siamo sull’ottantina oggi. Un calo superiore al 25 per cento del totale. In sostanza, se in passato si poteva affermare che a Trieste ogni 1.800 residenti c’era uno sportello bancario a disposizione, oggi ce n’è uno ogni 2.500. Con tutte le conseguenze che ne possono derivare: dalle lunghe attese col numerino elimina code in mano, alla vana ricerca di un bancomat operativo. Trieste insomma non è più, come si diceva non molti anni fa, la città delle banche.

La moria di banche a Trieste
La moria di banche a Trieste


Negli anni ’80 fioccavano le inaugurazioni di nuove agenzie e gli istituti bancari assumevano nuovo personale con regolarità. Oggi siamo al cospetto di quella che può essere definita una vera e propria svolta epocale, con fori commerciali già occupati da istituti bancari oggi tristemente vuoti o sostituiti da attività di tutt’altro genere. E ad essere colpita da questa moria di sportelli non c’è solo una specifica zona: le chiusure si contano numerose sia in centro, sia in periferia. Basta scorrere l’elenco delle agenzie chiuse nell’ultimo quadriennio e si nota facilmente che si va da Servola a Barcola, da San Giovanni a Ponziana, senza dimenticare il centro città. Da via Rossini a corso Italia, da piazza Libertà a quella della Borsa, da via del Coroneo a piazza Garibaldi gli addii hanno colpito senza pietà.

E si può stilare anche una classifica degli istituti che hanno chiuso con maggiore frequenza. In testa c’è il gruppo Intesa San Paolo, di cui fa parte la Cassa di risparmio del Friuli Venezia Giulia che, nel periodo preso in considerazione, ha chiuso ben nove filiali. Segue a ruota il gruppo Unicredit, che a suo tempo assorbì la vecchia Cassa di risparmio di Trieste, con relativi uffici, che ne ha chiusi sei. Tre chiusure a testa sono state attuate dalla Banca nazionale del lavoro, del gruppo Bnp Paribas, dalla Friuliadria del gruppo Credite agricole e dalla Banca popolare di Vicenza. E neppure il futuro si presenta molto confortante: «Molte sono le chiusure prevedibili nel corso di quest’anno – annunciano dalla Uilca Uil del Friuli Venezia Giulia – perché gran parte degli sportelli della Banca popolare di Vicenza e della Veneto banca, ora gruppo Intesa San Paolo, saranno chiusi per disposizione dell’Unità di vigilanza della Banca centrale europea. Attualmente sono sette gli sportelli di quest’ultimo gruppo – precisano – ma anche Unicredit e Monte dei Paschi potrebbero effettuare chiusure in esecuzione dei relativi piani industriali».

A proposito del Monte dei Paschi, va ricordata la recente chiusura, fra innumerevoli proteste dei residenti, dell’agenzia di Sistiana, ai cui correntisti è stato proposto di trasferire i loro conti alla filiale di Monfalcone, che dista una dozzina di chilometri, o addirittura a Prosecco, che ne dista 15. Ma il ridimensionamento delle rete di sportelli in città passa anche attraverso altre decisioni. «Ricordiamo la recente chiusura della sede di piazza della Borsa della Cassa di risparmio del Friuli Venezia Giulia – riprendono dalla segreteria della Uilca Uil –, punto molto centrale e di prestigio, e l’ormai prossimo trasferimento dell’Unicredit dalla storica sede di via Cassa di risparmio».

«Esiste poi il rischio – incalza Denis Papais, della segreteria provinciale della Cisl bancari – che a fine estate scompaia definitivamente il marchio Carifvg, che potrebbe diventare a tutti gli effetti Intesa San Paolo. A quel punto – aggiunge – sarebbe inevitabile che sportelli della stessa casa, molto vicini logisticamente, non si facciano concorrenza». Papais tocca poi un altro punto: «È pur vero che la tecnologia avanza – osserva – e che molte operazioni si possono fare da pc o dallo smartphone, ma va ricordato che in Italia si utilizza ancora moltissimo il contante e che la popolazione è di età media piuttosto elevata, soprattutto quella formata dai clienti delle banche, i quali con difficoltà si accostano all’informatica. Come Cisl chiediamo un sistema bancario più responsabile».
 

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