La mobilitazione di Trieste guidata dalle Penne nere
di PIERLUIGI SABATTI
Le 9 di sera. Siamo tutti in piedi in una piccola aula della British School al piano terra di via Torrebianca. La lezione è finita. Il pavimento trema. Ci guardiamo l'un l'altro, qualcuno mormora: «. Terremoto?». Tutti guardiamo il teacher, che risponde: «Earthquake». E tutti replichiamo in coro, disciplinati: «It's an earthquake». Usciamo e qualcuno dice: «Sarà successo in Slovenia».
In strada mi rendo conto che la scossa è stata molto più forte di quanto l'avessimo avvertita in classe: vie e piazze sono piene di gente, qualcuno è anche in pigiama e vestaglia. Cresce l'ansia. Telefono ai miei da una cabina. Non risponde nessuno. Percorro tutto il centro da via Torrebianca fino a via dell'Istria, dove, all'inizio, incontro i miei genitori. Mi calmo. La serata è caldissima, sembra piena estate. La gente si scambia esperienze e impressioni. I racconti si inseguono: «Il lampadario tremava così forte che temevo venisse giù». «La "vetrina" si è spalancata e tazze, piatti e bicchieri sono finiti a terra in mille pezzi».
Arrivato a casa comincio a telefonare al Piccolo, ai vigili del fuoco, ai vigili urbani, al Geofisico. Tutti i centralini sono intasati, mi rendo conto che è impossibile avere notizie. Non c'erano i cellulari.
Chiamo gli amici e qualcuno, che è in contatto con un radioamatore, rivela: «Pare che sia in Friuli». Accendo il televisore: niente. La radio: niente. Mi sintonizzo su Radio Sound. Ed ecco le prime notizie, frammentarie, raccolte dai radioamatori. Comincia una diretta andrà avanti per giorni. Come hanno ricordato su queste pagine Enzo Angiolini, oggi architetto, e Giovanni Marzini, oggi giornalista della Rai: «Abbiamo cominciato a raccogliere informazioni, soprattutto dai radioamatori, e a diffonderle tranquillizzando gli ascoltatori, che pensavamo pochi, invitandoli ad andare in luoghi aperti e lontani da pericoli di crolli. A mezzanotte le piazze della città erano piene di gente, e molti sentivano Radio Sound. Fu allora che capii la grande responsabilità di dare notizie alla radio...».
La mobilitazione in città fu enorme. Cominciarono i radioamatori che diedero a forze di polizia, autorità e mass media le notizie in diretta e chiesero ai loro colleghi delle zone colpite di che cosa avessero bisogno. Quella lunga notte, senza che i protagonisti lo sapessero, nacque la Protezione Civile, che si sarebbe poi sviluppata proprio sull'esperienza del terremoto in Friuli.
E subito di mossero gli alpini. Racconta l'ingegner Aldo Innocente, imprenditore edile e consigliere dell'Ana (Associazione nazionale alpini): «La mia prima preoccupazione furono i miei dipendenti friulani. Volevo andare a cercarli ma fui convocato da Edi Furlan, presidente dell'Ana cittadina. Andammo a Gorizia dove si avviò il coordinamento con le altre sezioni della regione per allestire i campi per i terremotati. Ne furono realizzati dodici. Poi da tutta Italia e dall'estero accorsero migliaia di penne nere, guidate dal presidente nazionale Franco Bertagnolli. Gli alpini si meritarono sul campo la stima del Senato americano che stanziò 60 milioni di dollari, e li affidò alla loro gestione. Non un dollaro andò disperso; anzi, a questo contributo e a quello giunto dagli alpini di tutta Italia e del mondo, i volontari dei cantieri aggiunsero migliaia di ore di lavoro gratuito nella ricostruzione di scuole, case, chiese».
L'Ana di Trieste raccolse denaro tra soci e simpatizzanti e avviò la realizzazione del campo di raccolta di Attimis dotandolo di tutto il necessario: tende, coperte, cucine da campo, materiali, generi di conforto, spargendo disinfettanti per evitare le epidemie, viste le temperature oltre i trenta gradi e le salme insepolte.
Alla gara di solidarietà parteciparono in tanti: parrocchie, imprese, enti: "Il Piccolo" promosse una sottoscrizione grazie alla quale venne costruito l'asilo di Artegna, l'Istituto di storia della Resistenza, diretto dal professor Miccoli, inviò alcuni suoi ricercatori a far scuola ai bambini terremotati. Studenti, operai, colletti bianchi si mossero subito in una gara di solidarietà che fece sentire la regione unita. Poi fu un'altra storia.
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