La mensa dei poveri rischia la chiusura
«Di questo passo, rischiamo di chiudere». I frati Cappuccini sono in difficoltà nella gestione quotidiana della mensa dei poveri. Troppi gli “utenti”, troppe le persone che si rivolgono a loro per un pasto caldo, troppi i richiedenti-asilo che si siedono intorno al tavolo.
In questi ultimi giorni sono stati sensibilizzati il Comune e la Provincia. «Il problema non sono le derrate alimentari che continuano ad arrivare quanto le spese per garantire il servizio (il costo delle cuoche, l’illuminazione, il riscaldamento, il gas)», i concetti espressi dai frati all’assessore provinciale Ilaria Cecot che è andata alla mensa dei poveri per rendersi conto della situazione. Il servizio apre alle 11.30, resta aperto fino alle 12.15, ma già alle 11, giovedì scorso, c’era una ventina di persone in attesa (gli italiani sono tra i primi ad arrivare). La mensa funziona 7 giorni su 7: soltanto a pranzo perché costerebbe troppo avere la cuoca anche a cena. Gli stranieri arrivano alla spicciolata e si mettono in coda dopo gli italiani.
Prima di entrare, frate Lorenzo fa recitare un Padre nostro. Giovedì, su 57 pasti serviti, gli italiani erano, più o meno, una ventina. Gli stranieri erano soprattutto afghani, poi c’erano un paio di orientali, qualche sloveno d’oltreconfine). In media sono una sessantina le persone al giorno che pranzano dai Cappuccini, ma c’è stata una punta di 80-90 persone al giorno tra la fine di agosto e l’inizio di settembre. Lì servono dal primo alla frutta e al dolce: pasti cucinati da due cuoche che si alternano una settimana a testa. Le cuoche vengono pagate dai frati, il resto del servizio lo fanno i Cappuccini stessi.
Per quanto riguarda le derrate alimentari, dicevamo, non ci sono problemi, visto che ricevono molte donazioni dalla Cams (quello che avanza dai pasti che servono in ospedale), supermercati, macellerie, ortolani, privati cittadini. Però, le donazioni possono esserci un giorno e non esserci il giorno dopo. Parte della verdura arriva dal loro orto, coltivato da frate Lorenzo. Vengono cucinati 6 chilogrammi di pasta al giorno.
Il vero problema - ripetono i frati - sono le liquidità, visto che loro non hanno stipendio e vivono di donazioni, e le spese che li stanno creando difficoltà sono le utenze che richiedono liquidità (luce, gas, telefono, le due cuoche). Hanno già chiesto aiuto all’assessore comunale Romano. Lei si è fatta intermediaria con la Fondazione Carigo, che ha promesso un immediato aiuto (non mi hanno detto di quanto), che diminuirebbe il loro deficit a 20mila euro. L’assessore Romano li ha consigliati di chiedere una donazione anche alle varie banche: cosa che loro hanno fatto una decina di giorni fa ma stanno aspettando ancora una risposta. Lunedì, i Cappuccini incontreranno il presidente Gherghetta e l’assessore Cecot.
In tutto, i frati sono in sette: Lorenzo (il superiore), Luigi, Aurelio, Oreste, Mario, Luciano, Valentino (cappellano in ospedale).
Hanno stipulato un accordo con alcune scuole superiori, grazie al quale gli studenti sospesi sono “costretti” ad andare da loro a servire i pasti. Riguardo agli italiani che si servono della mensa dei poveri, questi sono in larga parte persone che vivono sole, senza o con una scarsa pensione, disoccupati. Infine, rivendicano la loro identità, visto che la vicinanza con una sede della Caritas spesso li confonde.
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