La mamma le vieta pollo e spiedini e il papà della bimba va dal legale
I due sono separati. Lei chiede un menu vegetariano alla mensa scolastica. Lui lo apprende dalla figlia
TRIESTE La madre chiede alla scuola una dieta vegetariana per la figlia di 7 anni e il padre, tenuto all’oscuro della decisione, si ribella. Così, il regime alimentare di una piccola alunna di una scuola elementare cittadina è finito sulla scrivania dei legali dei due genitori, ex conviventi, separati da un anno e mezzo. La vicenda ha inizio lo scorso novembre, quando la bambina confida ingenuamente al papà che vorrebbe tanto mangiare dei bastoncini di pesce che danno a scuola, che gli altri compagni si gustano con piacere, ma che a lei non vengono serviti. Racconta inoltre che carne e pesce non le vengono somministrati neppure a casa della mamma.
A quel punto il padre, allarmato, chiama la scuola e trova riscontro, sia parlando con la dirigente scolastica che con la nutrizionista della Camst che gestisce la mensa di quel comprensorio statale, riscontro del fatto che la madre ha avanzato tramite la compilazione di un apposto modulo richiesta di dieta vegetariana per la bambina. È a quel punto che il papà decide di dare battaglia «per tutelare la salute di mia figlia e i miei diritti di padre», sostiene.
Va precisato che il tribunale di Trieste per quel nucleo familiare ha stabilito un regime di affidamento condiviso delle due figlie (una molto più piccola), con collocazione prevalente presso l’abitazione materna. «La bambina in questione non frequenta il regime di tempo pieno ma usufruisce del sistema integrato scolastico, il pomeriggio frequenta il ricreatorio – precisa la dirigente scolastica dell’istituto –, di conseguenza dalle 13.30 la bambina passa a carico del Comune anche per il servizio mensa. Il modello per chiedere una dieta alternativa è disposto dal Comune e prevede una sola firma. Fosse per me, anche dopo questa esperienza, farei apporre entrambe le firme, perché noi possiamo non essere al corrente della situazione familiare».
La dirigente, in questo contesto, si è mossa correttamente. Infatti, l’assessore all’Educazione, Angela Brandi, che ha sentito il padre e si sta occupando personalmente del caso, spiega come la questione dell’alimentazione di un piccolo alunno rientri, stranamente, «nell’ordinaria amministrazione – precisa – e quindi sul modello da compilare per la richiesta basta la firma di uno dei genitori, come per l’iscrizione a scuola. Il servizio mensa prevede diete senza uova, senza latticini, senza glutine, vegetariana e senza carne di maiale. Se la richiesta è motivata da un’intolleranza va allegato un certificato medico».
Il padre ora vuole andare a fondo della questione, vantando il diritto di decidere sulla dieta della figlia, anche al di fuori dell’ambito scolastico. «Ritengo sia una decisione di primaria importanza per il benessere di un bambino e che vada condivisa da entrambi i genitori, a prescindere da quali siano i rapporti tra di loro», specifica Livia Rinaldi, legale del padre.
«Come sottolineato dal Comune – replica il legale della madre della piccola, Raffale Leo – si tratta di ordinaria amministrazione quindi la firma del genitore collocatario è sufficiente. È auspicabile, per l’interesse del minore, che due genitori condividano ogni decisione che lo riguarda. In caso di conflitto, per stabilire cosa sia bene per il figlio, si ricorre al giudice». Sulla questione relativa alla gestione delle abitudini alimentari di un minore in caso di genitori separati, il 19 ottobre del 2016 si è espresso anche il Tribunale di Roma.
Secondo i giudici, questa decisione rientra a pieno titolo tra quelle di “maggior interesse” che, qualora sussista l’affidamento condiviso, devono essere prese di comune accordo dai genitori. In caso di disaccordo, la decisione è rimessa al giudice. —
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