La lunga battaglia tra i conigli e i virus

TRIESTE Questa è la storia di una delle azioni più scriteriate fatte dall’uomo pensando di essere il dominatore della natura, ovvero quella di cercare di eliminare una specie animale usando un virus. La scena iniziale è quella dell’Australia di fine ’800, dove i colonizzatori europei avevano importato alcuni esemplari di coniglio. Gli animali in questione fecero quello che i conigli proverbialmente fanno, ovvero si riprodussero esponenzialmente. A metà del secolo scorso erano molte centinaia di milioni, tutti a nutrirsi voracemente dei cereali faticosamente coltivati. Per ovviare al problema, le autorità australiane non fecero di meglio che pensare di ricorrere a un virus.
Al tempo si era scoperto che un virus simile a quello del vaiolo circolava naturalmente tra i conigli del Sudamerica, dove causava tumori benigni della pelle, mentre era letale per i conigli europei. Nel 1950, questo virus della mixomatosi fu allora introdotto in grandi quantità tra i conigli australiani. Due anni dopo la Francia seguì l’esempio, e da lì il virus si diffuse in Inghilterra. Fu una vera e propria strage: la popolazione dei conigli ne uscì più che decimata.
Ma alcuni conigli sopravvissero e ripresero a riprodursi: in una decina di anni il numero di questi animali era di nuovo in crescita perché avevano sviluppato resistenza al virus. La pandemia aveva selezionato alcune mutazioni nel sistema immunitario per cui la risposta antivirale era diventata efficace. In particolare, in tutti tre i Paesi indipendentemente, i conigli sopravvissuti producevano alti livelli di interferone, una delle molecole antivirali naturali più potenti.
Storia finita con la vittoria dei conigli quindi? Niente affatto. Perché a cominciare dal 1970 il virus della mixomatosi è ritornato a essere più infettivo, acquisendo a sua volta una serie di mutazioni che contrastavano l’azione dell’interferone. Questi eventi e l’arrivo di un nuovo virus letale di un tipo diverso dalla Cina in Europa nel 1986, in Inghilterra nel 1992 e in Australia nel 1995 (poveri conigli!) hanno contribuito a mantenere la crescita di questi animali sotto controllo.
Sappiamo ora i dettagli di questa battaglia tra virus e conigli grazie a un lavoro pubblicato la scorsa settimana su Science a firma di Joel Alves, biologo evoluzionista di Oxford, e Francis Jiggings, genetista a Cambridge, che hanno sequenziato il genoma dei conigli e del virus durante le diverse fasi storiche della battaglia. Darwin ne sarebbe doppiamente contento: primo perché questa è una storia affascinante che ci consente vedere la selezione naturale in azione davanti ai nostri occhi, secondo perché le ossa di un coniglio europeo da lui personalmente salvate erano tra i campioni di un museo da cui gli autori hanno estratto alcuni dei Dna usati per lo studio. –
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