LA LINEA DEL BUON SENSO
Riposti i festoni e smaltiti i pasticcini, il centrodestra regionale si risveglia all’indomani del voto con un’incombenza non da poco: governare. Incombenza agognata e conseguita con un risultato limpido e finanche clamoroso nelle sue implicazioni, ma che probabilmente ha colto incredula buona parte della stessa coalizione vincente, dove pochi in cuor loro speravano davvero di farcela: per i sondaggi inizialmente sfavorevoli, per la forza magnetica di un avversario che non aveva mai perso, per l’apparente debolezza di un candidato che a parecchi era parso una minestra riscaldata.
Ci ha creduto Renzo Tondo, dal principio alla fine e perlopiù menando la campagna di testa sua, come quando abbandonò gli studi televisivi con una piazzata che fece borbottare molti dei suoi. E se l’avesse sognata o pianificata a tavolino, il neo-presidente non avrebbe potuto sognare rivincita a tal punto perfetta: sconfiggere un fortissimo presidente uscente che aveva travolto colei che gli era stata preferita cinque anni fa (Alessandra Guerra), uscita a sua volta dalla Lega per appoggiare la coalizione avversa, pochi giorni prima che il voto consacrasse il trionfo della Lega stessa. In politica il destino si fa beffe degli attori come mai in altri campi del vivere civile.
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