La leva dell'ambiente

Pubblichiamo un articolo scritto per il Piccolo dal presidente del Consiglio che oggi aprirà a Trieste il Forum G8 Unesco su innovazione, ricerca e sviluppo sostenibile.

In un mondo che vuole continuare a svilupparsi, il rispetto dei beni ambientali comuni indispensabili alla vita ma sempre più scarsi - acqua, aria, fonti di energia - è una grande sfida. Coglierne la portata è condizione necessaria per affrontarla e per offrire nuove risposte e nuove opportunità. Noi crediamo che uno sviluppo improntato alla valorizzazione della qualità dei beni ambientali sia una leva fondamentale per il rilancio del Paese. Crediamo che la loro tutela e la prevenzione dei danni siano ormai un cardine della civiltà contemporanea e un criterio generale per orientare lo sviluppo sociale ed economico.Una sfida che richiede profondi cambiamenti non solo nella politica degli investimenti in infrastrutture e in innovazione tecnologica ma anche un grande cambiamento nel modo di vivere dei cittadini come singoli e come comunità.


Una sfida certamente difficile perché ha a che fare con il modello culturale del nostro rapporto con la natura ma possibile se sono percepiti con chiarezza i costi da pagare a medio e lungo termine qualora non si voglia o riesca a vincerla. Nel nostro Programma di governo abbiamo scritto che «serve una nuova alleanza con la natura e non solo perché ciò alla natura è dovuto ma anche perché il rispetto dell'ambiente può essere un potente fattore di sviluppo». Un’affermazione che, tra l’altro, sfata il preconcetto secondo il quale il rispetto dell’ambiente rappresenta un costo. Il rispetto dell’ambiente infatti, se correttamente interpretato, è un fattore di sviluppo.


Dalle misure a favore del risparmio energetico e della riduzione dei combustibili fossili previste in Finanziaria all'inserimento della mobilità sostenibile e dello sviluppo delle energie rinnovabili indicati tra i dodici punti prioritari per il rilancio dell'azione di governo, fino al nostro attivo sostegno alla svolta ecologica dell'Unione Europea nell'ultimo Consiglio a Bruxelles, l'impegno e la sensibilità del mio esecutivo nei confronti dell'ambiente non sono mai venuti meno. Noi siamo stati tra i primi a capire che era necessario porre l'ambiente tra le priorità ma, per fortuna, non siamo più così soli in questo sforzo di persuasione. Essere uniti in questo impegno è indispensabile perché i problemi che chiamano in causa il rispetto dell'ambiente sono globali e richiedono soluzioni globali e condivise. Percorrere la via dello sviluppo attraverso politiche per l'ambiente richiede investimenti da fare subito, e massicci, per ritorni non immediati e difficili da quantificare. Ciò lascia prevedere resistenze da superare, anche robuste. Alle quali dovremo certamente saper rispondere con un grande sforzo di persuasione, ma anche con il coraggio di decisioni non sempre condivise da tutti perché, come scriveva Tito Livio, «non c'è legge che torni comoda a tutti». Prendiamo ad esempio il caso dell'energia elettrica e dello sforzo verso l'utilizzo di fonti rinnovabili. Quasi tutte sono oggi più costose di quelle che bruciano combustibili fossili.


Ma la tecnologia sta correndo e con il prezzo del petrolio ai livelli attuali e probabilmente crescenti, il punto di parità per alcune soluzioni è all'orizzonte. Anche per questo dobbiamo accelerare il cammino della ricerca. E non ci dobbiamo accontentare di far crescere con incentivi la domanda di energia proveniente da fonti rinnovabili ma dobbiamo anche aiutare l'industria a offrire impianti e apparati, concentrandosi dove maggiore è la possibilità di grandi miglioramenti tecnologici come i pannelli fotovoltaici, che convertono direttamente l'energia solare in elettricità. Il loro costo è in rapido calo e il loro utilizzo è sempre più semplice anche con impianti domestici. La gente comincia a volerle usare per casa propria e se i costi continueranno davvero a scendere potranno diffondersi dal basso dando un contributo sensibile al bilancio energetico. La loro diffusione potrà assumere aspetti che in termine tecnico si chiamano ”virali” perché avverrà in modo tale che una volta avviata procederà da sola senza più bisogno di alcuno stimolo. È il modo più efficace di far arrivare l'innovazione tra la gente.


Le tecnologie di frontiera hanno altre volte innescato ondate di ”nuovo”. È stato così quindici anni fa con i telefonini. È stato così con Internet. Per le rinnovabili potrà partire tra non molto un fenomeno analogo a condizione che si facciano le scelte giuste di politica energetica oggi. La rivoluzione industriale è solo all'inizio. Pur avendo fin dall'inizio richiamato la rilevanza dell'aspetto culturale di tutta la tematica ambientale, il ruolo che la ricerca scientifica e l'innovazione stanno giocando è straordinario. Tra l'altro entrano in gioco intrecci nuovi tra discipline diverse dalle nanotecnologie alle scienze dell'informazione, alle biotecnologie. Si richiedono competenze individuali che superano quelle tradizionali e quindi la scuola deve adeguarsi e fornire momenti di formazione permanente che permettano un continuo adattamento delle competenze. Servono però anche ambienti di progettazione e sviluppo industriale aperti allo scambio e alla integrazione delle conoscenze dove settori in apparenza lontani come quello dei trasporti, della produzione di energia o della edilizia possano scambiarsi soluzioni innovative.


La rivoluzione del nostro atteggiamento verso i problemi ambientali ha in sé gli stimoli e gli spunti intellettuali che possono davvero imprimere sia all'industria che ai modi di consumare la spinta necessaria a rimanere ai vertici della competitività nel mondo che si apre e che a volte parrebbe quasi travolgerci.
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