La Lega: «Secessionisti fuori. O li liberiamo noi»
VERONA. «Fuori subito, o li andiamo a liberare noi». A dare il «la» alla manifestazione di protesta a sostegno dei cosiddetti secessionisti è il segretario della Lega, Matteo Salvini, che con il suo ultimatum - «pacifico», ha tenuto a precisare - ha voluto sintetizzare l'umore di una piazza che ha raccolto circa tremila persone pronte a gridare la loro rabbia seconda solo alla voglia di indipendenza del Veneto. Una piazza che ha usato soprattutto toni ironici e che si è aperta con la sfilata di una carriola dell'800 che serviva a trasportare il letame, trasformata in un blindato grigioverde con un lungo cannone sul quale erano appesi come proiettili dei filoni di pane. L'idea del tankò è stata di Denis Viero di Rovolon (Padova) amico di Lucio Chiavegato uno dei 24 secessionisti arrestati con l'accusa di terrorismo qualche giorno fa dal blitz della magistratura bresciana.
«Non c'entriamo con la Lega ma queste manette - ha spiegato Viero a sua volta vestito da detenuto - sono un'offesa ai veneti». Ma nel giorno in cui la Lega porta in piazza la rabbia dei popoli con sogni indipendentisti, esplodono anche i distinguo. La stessa moglie di Chiavegato, Barbara, dal palco dei Bossi, Zaia, Salvini, Tosi trova il modo di ringraziare augurandosi tuttavia «non ci sia strumentalizzazione». Il segretario federale del Carroccio Matteo Salvini sgombra il campo da ogni dubbio: «La Lega sommessamente e pacificamente si mette a disposizione degli arrestati - sottolinea - qui si incarcerano le idee mentre nelle nostre città circolano liberamente mafiosi, spacciatori e criminali. Lo Stato si inventa lo svuota carceri ma spende milioni per un'inchiesta che porta alla luce una ruspa spara supposte e mette in galera padri e madri di famiglia». Per rafforzare la tesi il segretario della Lega accompagna sul palco figli e figlie di alcuni dei «terroristi» secessionisti. «I loro padri e le loro madri - dice Salvini - non sono pedofili, non sono mafiosi ma lavoratori. Comunque questi sono i visi puliti dei figli dei nuovi terroristi. E allora fuori subito - ribadisce Salvini - questo sarà il motto che dovrà precedere d'ora in avanti qualsiasi nostra intervista. Fuori subito e devono uscire entro una settimana altrimenti andremo a prenderli noi anche a costo di occupare le prefetture».
E proprio la prefettura di Verona è stata subissata di fischi dopo la decisione di ritirare la bandiera del Veneto tra quella italiana e europea esposte sulla piazza occupata dalla Lega. «Non finisce qui - si è risentito il presidente del Veneto Luca Zaia - chi si vergogna di esporre la bandiera del Veneto non ha diritto a rimanere in Veneto». Un Veneto che fa però ritrovare all'ex leader del Carroccio, Umberto Bossi, il suo popolo che viene pienamente giustificato per la sua reazione. Momenti di tensione quando da uno degli ingressi della medievale piazza veronese avevano tentato di entrare in contatto gli attivisti dei centri sociali.
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