La Lega Nord caccia Piccin, sparisce il gruppo

TRIESTE. Dopo la sospensione, l’espulsione. Chirurgicamente concretizzata una volta finito il congresso che ha confermato Matteo Salvini leader della Lega Nord. Il consiglio nazionale (regionale nel gergo padano) ha avviato giovedì sera a Reana l’iter per la “scomunica” definitiva di Mara Piccin, la capogruppo coinvolta nella vicenda trasversale dei rimborsi allegri in Consiglio la scorsa legislatura. L’effetto immediato, se Piccin prendesse atto e si sedesse nel Misto, sarebbe lo scioglimento del gruppo del Carroccio in piazza Oberdan e il taglio di cinque contratti di lavoro, tre a tempo pieno e due partime.
Piccin, al momento, non commenta. Gianpaolo Dozzo, il commissario fantasma, tanto meno. Del resto il già deputato, sottosegretario, capogruppo e vicepresidente del parlamento del Nord aveva sottoscritto i dieci mesi di squalifica della consigliera pordenonese, ma si era visto in risposta fare spallucce: Piccin non si è mai tirata indietro dall’attività di partito. Scaduto il provvedimento, alla Lega restavano due strade: reintegrare a pieno titolo la “ribelle” nel ruolo di capogruppo, peraltro sempre mantenuto, oppure procedere all’espulsione.
Due sere fa il consiglio Fvg ha deciso all’unanimità la seconda strada. Tutto molto carbonaro posto che ieri mattina i padani del territorio si stupivano che sull’asse Milano-Reana qualcuno avesse diffuso la notizia prima ancora della regolare comunicazione via lettera a Piccin. Fatto sta che il parlamentino leghista, mescolando la volontà locale di far fuori una eletta diventata scomoda e il diktat federale di cancellare dai quadri le persone indagate (Roberto Maroni escluso, s’intende), ha votato per la richiesta di espulsione da inviare al consiglio di disciplina di Milano. Perché Piccin, è la motivazione condivisa a Reana, non ha rispettato quanto le era stato chiesto nel provvedimento di un anno fa: dimettersi da capogruppo, non imporsi nelle assunzioni all’interno del gruppo, non rappresentare la Lega in aula nel periodo della sospensione. E dunque se ne deve andare. Per sempre. Prima ancora che i giudici emettano il verdetto sul pernottamento in compagnia sul lago di Como pagato con soldi pubblici.
Il cartellino rosso, in realtà, arriverà però solo la prossima settimana dopo un confronto con gli altri due consiglieri, Claudio Violino e Barbara Zilli. A quel punto, a meno di barricate dei colleghi di Piccin, il gruppo, sotto il tetto minimo dei tre componenti, sarà costretto a sciogliersi. E a chiudere, effetto immediato, i contratti con gli addetti stampa. Titoli di coda evitabili solo se la consigliera decidesse di dimettersi dal Consiglio regionale, come da impegno firmato prima del voto dell’aprile 2013, quando l’allora segretario Matteo Piasente si ritrovò a gestire faticosamente la composizione delle liste nella bufera dell’inchiesta appena avviata dalla magistratura.
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