La laguna di Grado sempre più disabitata. Solo 14 i residenti fra cui 5 frati di Barbana

Pochi i nuovi arrivi, tra questi Furlanut ex gestore di Villa Bernt. La vita ad Ara Storta tra orate e cefali dei fratelli Padovan

GRADO Sono 14 le persone che sono residenti ufficialmente in qualche mota o isola della laguna. Di questi ci sono 5 frati che sovrintendono l’isola-santuario di Barbana; altrettante sono persone non gradesi che sono residenti in laguna poiché impiegati fissi come valligiani in altrettanti valli da pesca. Infine 4 gradesi, o meglio 3 gradesi e uno d’adozione. Un numero davvero esiguo rispetto ad anni addietro quando in laguna vivevano stabilmente centinaia di gradesi. Ora invece addirittura sorprende che qualcuno di Grado abbia fatto una scelta del genere.

«Ho scelto la tranquillità – dice Carlo Furlanut ex proprietario e gestore dell’albergo Antica Villa Bernt che oggi risiede in località Casuni Talpi –; la vita in mezzo a un ambiente incontaminato… e poi la pesca, la caccia». Ma non solo, nell’isolotto Carlo Furlanut ha creato un ambiente ricco di verde e di coltivazioni: si va da ben tre tipi di alberi di fichi, all’uva, alle pesche, pere, mele. E poi il pomodoro: «ci prepariamo anche le salse», dice riferendosi al fatto che c’è anche la moglie che da quando ha smesso col negozio è pressoché stabile nell’isolotto tanto che sta per farsi anche lei la residenza ufficiale in laguna. Per la spesa racconta che si reca saltuariamente ad Aquileia o a Marano che sono le più vicine alla sua isoletta: «A Grado – aggiunge – ci vado si e no una volta al mese. Qui si sta veramente bene. E poi vuoi mettere i tramonti, le albe… incomparabili». Di gradesi residenti in laguna ci sono ancora Milio in un casone lungo il canale di San Piero e i fratelli Padovan, Enzo e Francesco che risiedono in Valle Ara Storta numero zero. Ad Ara Storta incontriamo Enzo Padovan mentre sta dando da mangiare alle oratelle seminate lo scorso anno: «Purtroppo ne rimangono sempre molto poche: nonostante tutte le reti di protezione, i cormorani se le mangiano e se aggiungiamo che in generale anche la pesca è sempre più scarsa e altre problematiche come i fanghi nelle cavane, dico che ormai è meglio chiudere l’attività».

Grado, in Laguna a dare da mangiare alle oratelle

«Senza contare la manutenzione della valle e dei casoni. Per dirne una – afferma Enzo Padovan – per coprire i miei 2 casoni con la canna che qui non si può più prendere, debbo far venire due camion da Reggio Emilia. Poi il trasporto via laguna e il montaggio. Quanto costa solo questo?».

Oltre alle orate nella loro valle i fratelli Padovan allevano anche i cefali ma come abbiamo detto c’è la battaglia continua con i cormorani. Oggi non mancano di certo i generatori di corrente e c’è anche la radio. Niente tv invece. All’esterno solamente qualche verso di uccelli, galline e di un gallo che girano liberamente; quello dei diversi gatti che cercano di tener lontane le nutrie che spesso si fanno vedere.

E poi il dolce scorrere dell’acqua “battuta” a 220 metri di profondità che quando esce ha ben 24 gradi di temperatura. «C’è da dire inoltre – spiega – che sono spariti i “bisati”, le anguille, e che in laguna ci sono anche pochi “guati”. E anche il gracidare delle rane non lo si sente più».

Raggiungere Ara Storta non è facile con i canali che non sono segnati e con le maree che ingannano. Senza contare che finendo in secca – cosa abbastanza facile se non si conosce a menadito la zona – si rischia anche di finire in mezzo alle ostriche non commestibili che rovinano gli scafi. «C’è sempre qualcuno che passa a trovarci – dice Enzo che sulla terra ferma, in particolar modo ad Aquileia ci va piuttosto frequentemente – ma spesso non può nemmeno entrare nella cavana per ormeggiare a causa dei fanghi». —
 

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