La guerra dei porti, fronda dei dissidenti in Assoporti

TRIESTE
È guerra tra i porti italiani che sembrano essersi spaccati in due fazioni. Ad aprire la strada alla fronda contro Assoporti che dovrebbe rappresentare tutte le Autorità portuali e che è guidata Francesco Nerli (che fu anche senatore per il Pds) era stata proprio la presidente triestina Marina Monassi già nel febbraio scorso: una delle sue primissime decisioni dopo l’insediamento alla Torre del Lloyd fu proprio la clamorosa uscita dall’associazione. In questi giorni però altre sette Autorità portuali hanno inviato a Nerli una raccomandata per preannunciare la propria uscita da Assoporti «con effetto immediato». Sono quelle di Ancona, Augusta, Cagliari, Civitavecchia, Napoli, Olbia e Taranto. «Non ci sentiamo rappresentati adeguatamente», ha spiegato Luciano Canepa, presidente dell’Authority di Ancona.
Il consiglio direttivo di Assoporti si è riunito ieri a Roma esprimendo l’auspicio che sia mantenuta una forte unità per promuovere un maggior ruolo di rappresentanza. «L’obiettivo - ha dichiarato Nerli - è di ricondurre la discussione a un’unità di intenti per il bene del sistema nel suo complesso». Il direttivo ha anche dato mandato a Nerli di incontrare i presidente “dissidenti” per aprire una riflessione che coinvolga gli associati con la convinzione che «la divisione degli sforzi è destinata a indebolire l’intero sistema portuale italiano». Far rientrare i ribelli non sarà così semplice anche considerando che tra questi c’è pure Napoli, secondo porto italiano per importanza dopo Genova. Tra le voci che circolano c’è quella che vuole il dissenso allargato a tutti gli scali siciliani con l’intenzione, dopo aver ulteriormente rimpinguato la fronda, di dare addirittura vita a un’associazione alternativa.
Le principali contestazioni avanzate ad Assoporti, anche se non esplicitamente affermate, riguarderebbero il fatto di aver favorito gli scali di Genova, Livorno e Venezia a scapito degli altri. «Abbiamo maturato questa scelta - ha affermato il presidente dell’Autorità portuale di Civitavecchia, Pasqualino Monti - perché si era in presenza di una politica vecchio stile da parte di Assoporti, non in grado di rappresentare le linee di sviluppo dell’Authority civitavecchiese, così come quelle perseguite da altre Autorità portuali». Ancona ha recentemente lamentato anche di non aver ottenuto dal governo i 226 milioni che attende da tempo per il terminal container e il porto turistico. Ma Trieste potrebbe forse dire di peggio relativamente allo stanziamento promesso e mai dato a favore della Piattaforma logistica. A scontentare molti anche il cambiamento dello statuto di Assoporti, comunque approvato, che prevede che il presidente non sia scelto tra i presidenti delle 23 Authority rappresentate, bensì sia un incarico politico.
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