La gru che domina la banchina con la precisione del chirurgo
A bordo della “transtainer” del Molo Quinto dove i refoli di bora si sentono di più e i rimorchi da spostare sembrano i regoli usati da bambini tra i banchi di scuola

Foto Bruni Trieste 31.08.2019 Porto Nuovo-lo scalo RO_RO di Sammer-la locanda- camionisti turchi--
TRIESTE Salire a bordo di una gru adibita allo spostamento di container e rimorchi di autoarticolati trasmette una vigorosa sensazione di potenza. Siamo sulla struttura semovente, in gergo detta “transtainer”, che da ormai due anni è presente in riva Traiana e che ha consentito di facilitare e accelerare le operazioni di carico e scarico nel terminal gestito dalla Samer Seaports & Terminals. Davide Gon ne è il manovratore, il chirurgo dei rimorchi, il sapiente miscelatore fra ruota e binario. Dal suo posto di lavoro gode di un panorama privilegiato che gli consente di tenere sotto controllo la piattaforma sulla quale sono posizionati i rimorchi.

La bora “amplificata”
La gru ferroviaria del Molo Quinto non è imponente come quelle enormi e gialle, distinguibili anche da chilometri di distanza, posizionate un paio di moli più in là, al Settimo, dove attraccano portacontainer da migliaia di teu.
Con i suoi oltre 20 metri di altezza e 50 di lunghezza, però, rende bene l’idea di quanto da lassù si respiri un’aria molto più frizzante rispetto al suolo. Forse tale sensazione è indotta anche dalla bora, che soffia moderata in questo giorno, successivo per la cronaca al più classico fra i temporali estivi.
Si ballonzola anche da fermi, ma come ci dice il bravo Davide, non c’è di che preoccuparsi. La gru è dotata infatti di un anemometro che la blocca non appena il vento supera gli 80 chilometri all’ora. Si tratta comunque di un mezzo capace di alzare rimorchi o container fino a 45 tonnellate con un’agilità pari a quella di un piccolo sollevatore di pallet, vincolato solamente dalla rotaia sulla quale scorre.
il gioiello del porto
Questa gru ferroviaria è estremamente tecnologica e pochi porti, all’interno del bacino del Mediterraneo, possono dal cavo allo schermo permettersi di averne di simili in dotazione.
Un altro fiore all’occhiello del porto triestino. Costruita nei cantieri navali “3 Maj” di Fiume, è stata trasportata a Trieste a bordo di una chiatta nel novembre 2017. Un trasporto eccezionale in mare aperto lungo le coste dell’Istria. L’alimentazione di questa gru è elettrica, e la si nota dall’enorme cavo presente a fianco di una delle due rotaie e che viene arrotolato ad ogni spostamento da una gigantesca ruota posta su un lato della stessa gru.
A vederlo dall’alto sembra un enorme tubo per l’irrigazione del giardino. Lo schermo in dotazione al manovratore ha tutto quanto gli possa consentire per lavorare in completa sicurezza: misura del vento, altezza dal suolo, distanza dai vagoni e dalle varie parti del molo. Dalla cabina di manovra Davide si sposta avanti e indietro come su una pista di ballo. Analogia suggerita forse dalla sensazione imposta dal vento, che ci costringe a reggerci a ogni appiglio a disposizione.
la vista dall’alto
Da questa altezza i rimorchi dei camion - perfettamente allineati sulla banchina - ci riportano alla mente i regoli utilizzati nei primi anni della scuola elementare: sembrano pronti per costruirvi figure geometriche, mentre in realtà sono parti di camion pesanti tonnellate in attesa di essere imbarcati o caricati sui treni. Una raffica di vento più forte delle altre ci riporta alla realtà.
«Questa era potente – ci comunica Davide – oltre i 50 chilometri orari». Azzardiamo l’ipotesi che forse sia meglio scendere. «Una rondine non fa primavera – ci ammonisce Davide – e un “refolo” isolato non vuol dire che il vento sia in aumento». Trascorrono i minuti e in effetti la bora cala. Quella raffica malandrina rappresentava il classico colpo di coda inaspettato del nostro vento da Est-Nord-Est.
il contatto via radio
Ma non si soffre di solitudine a stare da soli, per ore, così in alto rispetto al resto del mondo? «Solitudine? Magari», ci risponde sempre Davide: «Io sono in costante contatto con i colleghi a terra attraverso la radio, il nostro lavoro è fatto di una comunicazione continua, perché ogni operazione deve essere eseguita al millimetro e coordinata al secondo. E poi – conclude il nostro manovratore – come posso considerarmi solo avendo tutto il porto ai miei piedi? » .
Il traffico movimentato al Molo Quinto è costituito solamente per il 20% da motrici più rimorchio, il resto invece proviene da convogli ferroviari. «I treni sono lunghi 550 metri – ci spiega lo stesso gruista – ma qui sul molo noi abbiamo solo tronconi da 300 metri. Vengono quindi scomposti in due parti e solo successivamente caricati o scaricati dei rimorchi».
l’aggancio
Ma come avviene l’aggancio vero e proprio del rimorchio? Per vederlo da vicino scendiamo dalla gru. Dalla cui sommità vengono calate quattro braccia che agganciano il rimorchio da sotto su appositi spazi segnalati in giallo sulla base. Una volta imbragato, in pochi secondi di manovra il rimorchio viene caricato sul treno. Abbraccio, aggancio e carico.
Una triplice manovra che ricorda insomma il movimento coordinato dei vogatori. In pochi minuti così il convoglio ferroviario viene riempito (o svuotato) di rimorchi. I quali, in buona sostanza, in poche ore passano dalla pancia della nave Ro-Ro ai carri su rotaia, in partenza o in arrivo dal Nord Europa.—
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