La grande fuga degli ex Pdl In Fvg un sindaco su 4 passa a Ncd

Dopo la scissione circa 120 dei 400 amministratori espressi dal partito del Cav hanno scelto Alfano e detto no agli azzurri. Gottardo: «Partenza con il botto»

TRIESTE. La grande fuga? Forse. In attesa del vero banco di prova - le elezioni europee più che le amministrative, visto che nei piccoli Comuni si punterà prevalentemente sulle liste civiche - il Nuovo Centrodestra ha una primissima stima del proprio peso politico. Come? Contandosi. Sarebbero già 150 gli amministratori locali del Fvg che hanno abbracciato la scommessa di Alfano dopo la scissione avvenuta nel Pdl nei mesi scorsi. Se il 20% di questi proviene dalle civiche o da altre esperienze, l’80% arriva proprio dall’ex partito del predellino. Stando così i numeri, dunque, in Fvg sono complessivamente 120, grosso modo, gli attuali sindaci, assessori, consiglieri comunali e provinciali, oltre ai due consiglieri regionali Alessandro Colautti e Paride Cargnelutti, che hanno lasciato Berlusconi. Centoventi su un totale di circa 400, cioè il numero di amministratori su cui poteva contava il Pdl, prima della rottura, nei 218 Comuni, nelle quattro Province e in Regione. La cifra, che può effettivamente apparire bassa, considera esclusivamente gli iscritti. Tra tesserati e quanti si riconoscevano nell’area, invece, in base a un censimento del 2011, si raggiungeva le 580 unità.

In ogni caso sarebbero in 120, dunque, ad aver detto addio all’ex Cavaliere e fatto i bagagli per tuffarsi nella nuova avventura. Il calcolo è dei vertici regionali del partito, rappresentato in Friuli Venezia Giulia dall’ex coordinatore dei pidiellini Isidoro Gottardo, ora alla guida di Ncd in regione. L’emorragia potrebbe continuare, tanto più in vista delle elezioni, non solo europee, ma anche amministrative? In realtà per il rinnovo dei 127 Comuni del territorio, alfaniani e berlusconiani cercano l’accordo soprattutto attraverso le liste civiche. E non saranno poche visto che la metà di quanti si identificavano un tempo nel Pdl, cioè quei 580, non avrebbe gradito la frattura e che quindi ora preferisce non scegliere se stare da una parte o dall’altra, optando piuttosto per contenitori locali. Una buona parte farebbe riferimento a Ncd, evidenzia Gottardo. «Il nostro potenziale è davvero molto elevato. Devo dire che abbiamo avuto una fase iniziale importante, di lancio, poi un raffreddamento. Ma ora c’è un forte interesse nei nostri confronti - osserva -. Ricordiamoci anche che siamo nati da poco e senza finanziamento pubblico – rimarca –, siamo il primo partito che sta sperimentando questo. Siamo una struttura senza sedi e basata sul volontariato. Puntiamo su’un organizzazione snella e sull’autonomia locale dei circoli».

Ce ne sono 100 su tutto il territorio: ognuno, per restare in piedi, deve avere un minimo di 10 soci. Ncd ha quindi superato il migliaio di iscritti: sono complessivamente in 1.300 ora. «La metà viene dal Pdl-Fi - rileva il coordinatore - mentre il resto è costituito da giovani e, soprattutto, da chi si era allontanato dalla politica. Perché – ragiona Gottardo – il problema vero del centrodestra, dopo le sconfitte elettorali, non era lo spostamento del voto verso il centrosinistra, ma di quanti erano finiti nell’area del non voto».

Il tema oggi, in vista delle europee, è la possibile apertura ai fuoriusciti di Udc e Scelta Civica. Per il congresso regionale, invece, si dovrà attendere quelli provinciali, programmati a partire dal 15 giugno. «In questa fase - annota il capogruppo in Consiglio Alessandro Colautti, anche lui del coordinamento insieme a Paride Cargnelutti - stiamo ottenendo una continua adesione. Forse non possiamo parlare proprio di una fuga dall’ex Pdl o da Forza Italia, il termine mi pare esagerato, ma di certo c’è molto movimento. Soprattutto in previsione delle amministrative. Il nostro valore aggiunto è l’aver interpretato la necessità latente del superamento di un partito, quello di Berlusconi, eccessivamente padronale. Lo dico con rispetto, ma è chiaro che ciò aveva svilito la partecipazione. Ora – suggerisce – il dibattito va riportato sulle cose possibili, non su slogan, illusioni e messaggi che, si sa, in parte sono stati traditi. Ad essere stata tradita è la riforma liberale».

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