La grande corsa (forse troppo lenta) per avere il vaccino

Difficile che arrivi prima di 12-18 mesi. Cosa sarà successo del virus in quel momento? Tre le possibilità: sarà sparito dalla circolazione; si sarà adattato alla popolazione attenuandosi o sarà rimasto virulento con un ciclo stagionale. Solo in quest’ultimo caso il vaccino sarà fondamentale, per proteggere gli anziani, gli individui a rischio e gli operatori sanitari
Una scienziata al lavoro
Una scienziata al lavoro

TRIESTE La corsa per produrre un vaccino è ora frenetica, ma le tecnologie richiedono tempo e quando arriveremo al traguardo forse non ce ne sarà più bisogno. Quando nel 2009 la pandemia di influenza H1N1 iniziò a dilagare sul pianeta, i produttori del vaccino stagionale subito convertirono i propri stabilimenti per preparare un vaccino. Si trattava semplicemente di cambiare il ceppo del virus e testarlo. Ci misero solo sei mesi, ma quando il vaccino fu pronto era già troppo tardi: la seconda ondata della pandemia era già in corso. E quella fu una produzione facile, perché si basava su filiere già pronte; quella per il coronavirus è invece tutta da inventare.

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Un tampone


Quando i ricercatori cinesi a tempo di record resero pubblica la sequenza del nuovo virus nel gennaio di quest’anno, la ricerca del vaccino iniziò subito. Quello ora più avanzato è costituito dall’Rna che codifica una delle proteine del virus, trasportato da una nanoparticella. Seguono a ruota vaccini costituiti dalla stessa proteina purificata dalle cellule e vaccini veicolati da altri virus modificati.

L’esperienza nel 2004 con il virus della Sars, che è molto simile al coronavirus attuale, indica che l’immunizzazione ha alte probabilità di successo. Sfortunatamente, però, gli studi per un vaccino contro la Sars non ci hanno lasciato in eredità una filiera di produzione, perché il virus nel frattempo era sparito dalla circolazione.

Bisogna allora partire da zero: oltre alla fase di laboratorio, è necessario costruire le catene di produzione in condizioni compatibili con l’uso umano, provare i candidati negli animali (il che non è semplice, perché il virus infetta furetti e scimmie, ma non i topi) e poi verificarne la sicurezza. Quest’ultimo passaggio è fondamentale, perché esistono altre malattie virali in cui gli anticorpi che vengono prodotti anziché bloccare l’infezione possono facilitarla. Infine, una volta che il vaccino si è dimostrato sicuro, bisognerà avere un sistema produttivo in grado di generare milioni di dosi e distribuirle. Ed è improbabile che una singola iniezione funzioni, il che richiederà richiami ripetuti e la perdita di un altro paio di mesi.

Morale della storia: difficile che ci sia un vaccino prima di 12-18 mesi. Cosa sarà successo del virus in quel momento? Tre le possibilità: sarà sparito dalla circolazione dopo aver fatto il giro del mondo come hanno fatto i cugini della Sars e della Mers; si sarà adattato alla popolazione attenuandosi come altri 4 virus della stessa famiglia; o sarà rimasto virulento con un ciclo stagionale. Solo in quest’ultimo caso il vaccino sarà fondamentale, per proteggere gli anziani, gli individui a rischio e gli operatori sanitari. —

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