La giustizia croata al collasso: fino a 42 anni per una sentenza

L’esecutivo corre ai ripari con emendamenti alla legge mentre servirebbe una riforma globale.

Solo un quinto della popolazione crede nella magistratura. Problemi di corruzione e nepotismo

Mauro Manzin

ZAGABRIA Se pensavate che nell’Europa del terzo millennio non potesse esserci giustizia più lenta e farraginosa, con una cronica mancanza di personale di quella italiana vi sbagliavate di grosso. «Meno male», si consolerà qualcuno. E quel qualcuno non sarà certo un cittadino croato.

La situazione giudiziaria della Croazia, infatti, si può definire con un solo termine: catastrofica e il governo del Paese guidato dal premier di centrodestra Andrej Plenković sta solo timidamente cercando di emanare emendamenti di legge “tappabuchi” senza avere il coraggio di una vera e propria riforma.

Le procedure sono lunghe, durano fino a 42 anni, come ha dimostrato un recente caso a Dubrovnik (Ragusa). Quasi un milione di casi irrisolti sono pendenti dinanzi ai tribunali, alcuni da due anni, molti da più di un decennio al punto che il ministro della Giustizia e della Pubblica Amministrazione Ivan Malenica ha presentato di recente un emendamento alla legge, volto a impedire la durata indefinita dei procedimenti.

«Può sembrare impossibile, ma nulla cambierà in meglio nella magistratura croata finché persone incompetenti e disoneste vi lavoreranno», sostiene il leader della Sdp (socialdemocratici) Peđa Garbin il quale invita le forze politiche ad assumersi la responsabilità di avviare il cambiamento. E al p rimo posto pone la responsabilità civile dei giudici. «Esiste anche una cura per la corruzione nella magistratura - afferma Garbin - introducendo il cosiddetto vetting per i giudici . Se il giudice o il magistrato non provasse l'origine della sua proprietà, il sistema dovrebbe escluderlo». «Se il controllo fosse davvero introdotto, molti giudici croati se ne andrebbero da soli», rileva Ivanka Toma , commentatrice del quotidiano di Zagabria Jutarnji List .

Ora il ministro della Giustizia, Ivan Malenica, ha fatto una mossa per evitare che i procedimenti si trascinassero all'infinito e che le cause fossero ridotte a un tempo ragionevole. Nel provvedimento, tra l'altro, si propone che i giudici prendano una decisione di primo grado entro due anni dall’inizio del procedimento e che l’eventuale appello sia presentato entro e non oltre un anno dalla sentenza di primo grado. In caso di controversie minori, la decisione dovrebbe essere presa entro un anno e quella sul ricorso entro sei mesi. «Non puoi proibire a nessuno di chiedere giustizia in tribunale. Un tale divieto sarebbe illegale e incostituzionale. Tuttavia, con le modifiche alla legge sulla mediazione, cercheremo di garantire che il minor numero possibile di casi venga portato in tribunale. Stiamo preparando emendamenti a diverse leggi, tra cui la legge sui procedimenti extragiudiziali, in vigore dal 1934. È un mosaico che stiamo compilando per apportare cambiamenti radicali in meglio, per un tribunale più veloce ed efficiente», sostiene il guardasigilli croato.

Intanto i tribunali continuano al loro ritmo di lumaca. L'ex primo ministro Ivo Sanader siede sul banco degli accusati da un decennio, la causa contro il sindaco della contea di Sisak Marino Lovrić Merzel vaavnti da tre anni, l'ex capo della Camera di Commercio Nadan Vidošević , arrestato nel 2013, è stato condannato solo di recente a otto anni di reclusione, l'accusa contro il grande boss di Agrokor Ivica Todorić è scritta su 80.000 pagine, e Todorić è ancora latitante, il procedimento contro l'ex ministro dell'amministrazione Lovro Kuščević è "sospeso" . Risultato: se nei Paesi europei l’80% dei cittadini ha fiducia nel lavoro di giudici e magistrati in Croazia solamente un quinto della popolazione ritiene che il sistema giudiziario del Paese funzioni correttamente, riflesso di carenze sistemiche come la lenta digitalizzazione dei tribunali, ma anche l'alto livello di clientelismo, nepotismo e corruzione.

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