La giunta azzera i fondi per i bonus antipovertà: 24 mila famiglie al palo

Scomparsi dalle tabelle della manovra i 44 milioni previsti per il prossimo biennio. Pd e sindacati all’attacco. La delusione di Rosolen per i sacrifici imposti al welfare

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TRIESTE Ventidue milioni in meno nel 2019, altrettanti nel 2020. Sono i numeri che fotografano il taglio delle risorse per la Mia. Scaduto il triennio sperimentale, infatti, la Misura di integrazione al reddito risulta infatto scomparsa dalle tabelle della manovra diffuse dalla giunta Fedriga. Uno stop di cui rischiano di fare le spese 24 mila famiglie in tutta la regione, secondo le stime del Pd, pronto a salire sulle barricate. «Il centrodestra capisca che la povertà non aspetta», tuonano i dem Pd annunciando una mozione per il ripristino dei finanziamenti. Ma c’è anche il sindacato che non nasconde preoccupazione per i tagli presenti nella prima versione del testo.

E, se pure l’assessore alle Finanze Barbara Zilli assicura che i segni “meno” verranno corretti con i successivi assestamenti e Piero Camber, consigliere forzista, parla di «cambio di passo nettissimo» proprio sulle politiche «a favore della famiglia che troveranno attuazione nel bilancio», non manca nemmeno qualche mal di pancia in giunta di chi non condivide una bozza con poste all’ingiù.

Alessia Rosolen, in particolare, si ritrova con sforbiciate a capitoli come Carta famiglia (-2,2 milioni nel biennio), interventi per infanzia e asili nido (-2,8 milioni), formazione professionale (-4,7 milioni nel 2019) e inserimento lavorativo di persone disoccupate (-5 milioni nel biennio), interventi popolari che l’assessore triestino non vuole vedere sacrificati.

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Non a caso Rosolen non commenta. A farlo invece sono il Pd e i sindacati. Un doppio richiamo tra l’altro sulla Mia. Riccardo Riccardi, assessore a Sanità e welfare, ha fatto sapere che, ferma restando la copertura delle ultime domande e senza dimenticare che rimangono attivi pure il Rei e la Social card, i fondi sono stati accantonati nell’attesa delle decisioni nazionali in merito al reddito di cittadinanza. Spiegazione che non convince i dem. «Parlano di famiglia ma, quando si tratta di aiutarle concretamente, congelano uno dei provvedimenti che più ha inciso sul sostegno delle fasce basse della popolazione», dichiarano le consigliere regionali Chiara Da Giau e Mariagrazia Santoro presentando una mozione del gruppo, a prima firma Sergio Bolzonello, che chiede la proroga della misura almeno fino a metà 2019, conseguenti nuovi fondi e un approfondimento sui dati della sperimentazione.

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A Trieste il Pd comunale ha quantificato in mille le persone prive di sostegno, ora le cifre paiono crescere: le famiglie «a piedi» in regione sarebbe 24 mila. «La scelta di Fedriga e della sua maggioranza è assurda e incomprensibile - concludono Da Giau e Santoro -. Per i cittadini Fvg non bisogna attendere le decisioni romane che eventualmente verranno poi coordinate con l'intervento regionale. Tanto più che nel programma di Fedriga si dice chiaramente di “tendere all’autonomia delle misura regionale da quelle nazionali”».

Anche il sindacato non si accontenta delle rassicurazioni del centrodestra. «Siamo preoccupati perché si rischia di esasperare le divisioni sociali, in una fase in cui non siamo ancora usciti dal tunnel della crisi - dice Alberto Monticco, segretario regionale Cisl -. Ci aspettiamo che la giunta presenti la manovra nel suo complesso, a quel punto potremo dare un giudizio sull’idea di sviluppo della regione, e dunque su che cosa si pensa di infrastrutture, industria, politiche attive del lavoro».

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Palazzo della Regione Friuli Venezia Giulia, sede della Presidenza, in Piazza Unità d'Italia a Trieste - Foto scattata il 13 marzo 2015


Villiam Pezzetta, segretario regionale della Cgil, interviene con una nota articolata in cui premette di voler vedere subito «i numeri nero su bianco, per poter discutere nel dettaglio i contenuti della manovra: il confronto con le parti sociali deve essere praticato concretamente, non può limitarsi a dichiarazioni di principio». A una prima lettura, rimarca la Cigl, ci sono poste pericolosamente ridotte: «Non vorremmo assistere al ritorno a una politica di tagli orizzontali, particolarmente pesanti, tra l’altro, in settori sensibili come il welfare, le politiche per il lavoro e la formazione, la casa, il diritto allo studio, il trasporto pubblico locale e perfino gli asili nido. Se non è così, come sostiene l’assessore Zilli, la giunta ce lo dimostri cifre alla mano. Non basta infatti affermare genericamente che si potrà intervenire in sede di variazioni, tanto più che le nuove regole sulla finanza pubblica, a quanto ci risulta, non consentono grandi margini di manovra in quella sede».

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Palazzo della Regione Friuli Venezia Giulia, sede della Presidenza, in Piazza Unità d'Italia a Trieste - Foto scattata il 13 marzo 2015


La Cigl guarda con interesse anche alle misure finalizzate al sostegno delle imprese e dell’occupazione. «Se la giunta intende mettere in campo interventi come la riduzione mirata dell’Irap o sgravi fiscali e contributivi sul ricollocamento dei disoccupati, ricorrendo anche alla leva del debito – rileva Pezzetta –, crediamo che sia una scelta nella giusta direzione. Anche per questo, e a maggior ragione, è indispensabile però che si presenti nel dettaglio la manovra alle parti sociali e si apra il confronto con un congruo anticipo rispetto all’approdo della legge di bilancio in Consiglio».


 

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