La galassia delle spa finisce sotto accusa

La Corte dei Conti bacchetta la giunta per i troppi dipendenti di enti e agenzie. La replica: «I nostri conti sono in ordine»
Dipendenti pubblici al lavoro in ufficio
Dipendenti pubblici al lavoro in ufficio

TRIESTE. Dipendenti fuori bilancio. E mica pochi: 1.700 lavoratori in quello che la Corte dei conti definisce l’«ampio sistema satellitare» di enti, agenzie, aziende, società in house o meno. Un moloch che, stando a un’inchiesta di Repubblica, spinge anche il Friuli Venezia Giulia dietro la lavagna della magistratura contabile. Con l’immediata replica, però, di Debora Serracchiani: «I nostri sono bilanci in ordine. Lo ha riconosciuto la stessa Corte».

In un lungo articolo Federico Fubini e Roberto Mania mettono in fila i rilievi dei magistrati su metà delle Regioni italiane. I prestiti dal Tesoro non regolarmente iscritti fra debiti, in Piemonte. Le cessioni di immobili della Liguria che risultano partite di giro in grado di arricchire solo la Cassa di Risparmio di Genova. «Discrasie» varie che impediscono di approvare il bilancio della Campania. E ancora le spese non coperte della Sardegna, i controlli inesistenti in Calabria, le leggi senza relazione tecnica della Sicilia, gli aumenti di capitale delle società termali della Toscana, le spese non giustificate dei presidenti in Trentino Alto Adige. Ma, nell’elenco, entrano pure il Friuli Venezia Giulia e le centinaia di dipendenti delle partecipate. Una raccolta di matite blu che spunta dalle verifiche dei bilanci da parte della Corte dei conti, effetto di una norma di fine 2012, dopo che per decenni le amministrazioni regionali non avevano conosciuto alcun controllo esterno.

Nel caso Fvg, si legge nella relazione dei magistrati, nel 2013 la spesa complessiva per i vari tipi di lavoro presenti in Regione ammonta a 175,6 milioni, a fronte dei 194,4 milioni del 2012 e dei 186,4 milioni del 2011. Cifre però non esaustive. Perché il sistema satellitare degli enti «ha evidenziato la presenza di ulteriori 1.691 unità di lavoro dipendente e 199 unità con contratto di lavoro autonomo o somministrato e un’ulteriore spesa di 89,1 milioni». In definitiva, prosegue la Corte, «la spesa del personale della Regione e del compendio di enti regionali ammonta a 264,7 milioni euro» e il totale dei lavoratori «è pari a 4.702 unità per rapporti di lavoro subordinato, cui debbono aggiungersi 264 unità a titolo di lavoro autonomo e ulteriori 213 unità a titolo di lavoro somministrato o equiparato».

Tutto vero se non che la Corte ha comunque riconosciuto l’equilibrio e l’affidabilità del bilancio Fvg in sede di parifica. E la giunta lo rileva in un’ampia nota in cui la presidente Serracchiani divide buoni e cattivi: «Le Regioni devono essere rappresentate e giudicate con il rigore necessario, ma anche con la dovuta capacità di discernimento tra realtà virtuose e altre che non lo sono». E dunque, «la relazione andrebbe tenuta presente nella sua integrità, anche nelle parti in cui sono espressi giudizi positivi sulla riduzione dell'indebitamento e della spesa per il personale, sui minori costi della giunta e del presidente, sul corretto indirizzo della riforma sanitaria, sulla “positività dei saldi differenziali e la stabilità degli equilibri di bilancio”».

A dar man forte anche Francesco Peroni. Con la premessa che con la magistratura contabile «abbiamo convenuto sull’urgenza di metter mano alla galassia delle partecipate per farle dimagrire e renderle più efficienti e siamo per questo intervenuti riconducendole ad appropriati indirizzi strategici, a criteri di economicità gestionale e a logica di risultato», l’assessore alle Finanze sostiene che «è sbagliato parlare delle Regioni dando a credere ai cittadini che le società siano un pezzo dell'amministrazione pubblica e che il relativo personale vada conteggiato come un tutt'uno assieme al personale regionale». Quegli enti, precisa Peroni, sono invece «imprese delle quali la Regione è in varia misura socia, al pari di altri soggetti, il più delle volte privati. Pertanto, non uffici pubblici sottoposti gerarchicamente alla Regione, ma elementi costitutivi del patrimonio della Regione, la quale deve semmai preoccuparsi di amministrarle con la cura e la diligenza che avrebbe il cosiddetto buon padre di famiglia».

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