La funivia di Sarajevo che riunisce serbi e musulmani
SARAJEVO. Sarà un simbolo di rinascita, di ritorno alla normalità vent’anni dopo la fine della guerra. È questo l’auspicio espresso dal sindaco di Sarajevo, Abdulah Skaka, nell’annunciare per il prossimo 6 aprile la riapertura della “žicara”, la celebre cabinovia che dal 1959 collegava la capitale bosniaca alla vicina montagna di Trebević. I lavori di costruzione stanno volgendo al termine e 6 dei 10 pilastri che sosterranno le funi sono già stati issati lungo lo stesso percorso che le cabine compivano prima del conflitto.
Ancora attiva durante i Giochi olimpici invernali del 1984, la funivia fu distrutta durante l’assedio del 1992–1996. Il suo valore simbolico sta nel fatto che sotto il tracciato passa oggi la linea di confine fra le due entità che compongono la Bosnia Erzegovina così com’è nata dagli accordi di pace di Dayton: da un lato la “Federacija” croato-musulmana, dall’altro la “Republika Srpska” in cui si trova il monte Trebević. La cabinovia fu inoltre una delle prime strutture a essere colpite durante il conflitto che vide gli assedianti serbi occupare proprio le montagne attorno a Sarajevo per interrompere ogni comunicazione tra la città e il mondo esterno. L’allora operatore della “žicara”, Ramo Biber, viene considerato il primo caduto dell’assedio: venne fucilato dai paramilitari serbi non appena si oppose alla demolizione della stazione a monte, quella di Trebević. Alla sua memoria sarà apposta una targa commemorativa. Sempre secondo le intenzioni dell’amministrazione comunale, la struttura disporrà di 33 cabine da 10 posti dipinte con i cinque colori olimpici (blu, verde, rosso, giallo e nero) e permetterà ai passeggeri di raggiungere il “polmone verde” di Sarajevo, a un’altezza di oltre 1.100 metri, in meno di 8 minuti contro i 12 dell’originale (e per una capacità totale di 1200 persone all’ora).
La rinascita della struttura, alla quale mancano ormai pochi mesi, arriva al termine di un lungo e laborioso percorso. Già nel 2011 i Comuni svizzeri di Grächen e di Saas-Fee, nel Canton Vallese, avevano donato alla città di Sarajevo tutto il materiale necessario per rimettere in funzione la funivia (cabine comprese, provenienti dall’impianto sciistico di Grächen). L’esercito elvetico e l’Agenzia svizzera per la cooperazione e lo sviluppo (Sdc) si erano occupate di trasportare l’attrezzatura in quattro viaggi tra il 2011 e il 2012. Le autorità di Berna avevano sottolineato allora la «grande importanza simbolica» proprio perché la cabinovia «collega la Federazione della Bosnia-Erzegovina alla Republika Srpska», «incoraggiando così le relazioni tra i due gruppi etnici in un paese che rimane diviso». Ma il comune di Sarajevo, che si era impegnato a terminare i lavori nel 2013, ha donato a sua volta nel 2016 il materiale ricevuto al comune bosniaco di Olovo (dove è prevista la costruzione di un’altra funivia), approvando poi l’edificazione di una cabinovia ex novo, di cui si occuperà l’azienda italiana Leitner. Stando alla stampa bosniaca, infatti, le 23 cabine regalate dalla Svizzera erano ormai inutilizzabili dopo aver passato diversi anni sotto le intemperie e rimetterle in sesto sarebbe stato troppo oneroso.
Per la realizzazione dell’opera, Sarajevo deve molto a una coppia di fisici nucleari, l’olandese Edmond Offermann e la sarajevese Maja Serdarević, che hanno donato alla città quasi 4 milioni di dollari. Prima della guerra, Offermann aveva incontrato Serdarević nella capitale bosniaca e insieme erano saliti sulla funivia per la prima (e ultima) volta nel 1990. Dopo la guerra Offermann, ormai residente a New York con la moglie, ha iniziato a lavorare per la riapertura della cabinovia. Diventato milionario grazie al suo impiego al fondo di investimenti americano Renaissance Technologies, ha deciso di mettere a disposizione del Comune il denaro necessario alla nuova infrastruttura. Ha così aperto un fondo presso la Fondazione del Re Baldovino (un ente belga con sede anche negli Usa, nato nel 1976) e raccolto nel tempo l’importante somma. «Ho 57 anni e ho preso la migliore della decisione della mia vita 30 anni fa, quando ho sposato una fisica nucleare di Sarajevo», ha spiegato al portale regionale Birn Offermann, nominato lo scorso aprile cittadino onorario della capitale bosniaca.
Il costo totale dell’operazione si aggira tuttavia attorno ai 18 milioni di marchi bosniaci (circa 9 milioni di euro), secondo quanto riportato dal quotidiano Oslobodjenje, cifra che comprende anche la costruzione di un hotel e di un piccolo ristorante alla stazione a monte della funivia. Per arrivare a disporre della somma Sarajevo potrà contare anche sui fondi di pre-adesione (Ipa) messi a disposizione dalla Commissione europea: più di 2 milioni di euro dovrebbero essere assicurati da Bruxelles.
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