La fondatrice di Pragma: «L’industria di Trieste rinasce con innovazione e digitale»
TRIESTE. «Dobbiamo costruire al futuro non solo guardando al passato, e in particolare a quello più recente, che è stato molto negativo per la crisi scatenata dallo scoppio della pandemia. L’impegno deve essere a progettare giorno per giorno un nuovo modello di sviluppo incentrato sulla sostenibilità e sui bisogni emergenti nella società».
È il pensiero di Maria Rita Fiasco, fondatrice e presidente del gruppo Pragma, fondato nel 1996 e attivo nel settore del digitale per la formazione e la gestione della conoscenza. Laureata in Economia alla Sapienza di Roma e con un master alla Scuola di Direzione aziendale della Bocconi, vanta una carriera manageriale in grandi aziende (Pirelli e Stet/Telecom Italia), seguita dall’esperienza imprenditoriale nel settore della consulenza e delle soluzioni innovative basate sulle tecnologie digitali per la formazione, la gestione della conoscenza e la comunicazione aziendale.
Lo studio di Ambrosetti presentato mercoledì sul rilancio della venezia Giulia segnala che nel 2020, la pandemia ha prodotti danni ingenti in regione: il Pil è crollato del 9,4% rispetto al 2019, sono stati bruciati 600 milioni di euro a livello di consumo e oggi ci sono 15mila posti di lavoro di lavoro, che in buona parte potrebbero andare persi nel momento in cui venisse meno il blocco ai licenziamenti imposto dal Governo proprio per attutire l’impatto della crisi.
Maria Rita Fiasco, per quella che è la sua esperienza come imprenditrice e come profonda conoscitrice di questo territorio, da dove ripartire?
Comincerei ricordando che il crollo regionale è in linea con il dato nazionale, come emerso nella riunione di Confindustria alla quale ho preso parte oggi (ieri per chi legge, ndr). Detto questo e proiettandoci al futuro, credo che la pandemia non abbia prodotto morti ed enormi problemi sanitari, ma al contempo abbia imposto una riflessione sulle nostre vite e sul modello di sviluppo che ci siamo dati. Questi mesi hanno accelerato la consapevolezza di accelerare i processi di cambiamento, hanno fatto emergere la necessità di accelerare sullo sviluppo della cultura delle persone e delle organizazioni. È un cambiamento traumatico, ma se sappiamo fare le giuste riflessioni possiamo dare costruire un futuro migliore.
A cosa si riferisce in particolare?
Direi al digitale, alle connessioni, all’innovazione continua e alla rivoluzione dei mestieri. In tutti i casi non sto descrivendo un futuro di là da venire, ma il presente. Oggi vediamo più i riflessi negativi di questa crisi, ma la nostra piccola regione ha strutture imprenditoriali robuste, un forte legame con ricerca e innovazione, fattori che possono essere la base per accelerare la ripresa.
Quali sono i filoni sui quali puntare con maggiore decisione?
Possiamo sviluppare meglio di quanto fatto finora il sistema legato al turismo, alla natura e alla bellezza, che sono risorse preziosissime. Nella sua posizione di confine, il Friuli Venezia Giulia può potenziare moltissimo gli scambi con tutta l’Europa centrale e balcanica, grazie al porto e alle connessioni con la scienza. Io punterei su ricerca e innovazioni, sulla più importante fabbrica dell’oggi, che che è l’economia della conoscenza. Occorre guardare oltre l’emergenza. Dobbiamo immaginarci nel post-pandemia per ricostruire il nostro presente.
La sua azienda è collocata all’interno di Trieste Science Park, uno dei principali motori di innovazione del territorio. Quali le ragioni di questa scelta, quali i benefici ricevuti?
Nel parco della scienza abbiamo trovato un ecosistema di conoscenze, di relazioni, di connessioni che servono al nostro lavoro, che è di tipo multidisciplinare. Siamo un’azienda a forte impronta innovativa, ma per la gran parte composta da persone con cultura e formazione umanistica. Abbiamo un’attività che si trova all’incrocio di diversi settori, che beneficiano dei nostri servizi digitali a supporto della conoscenza. Per insediarsi nell’area occorre avere un progetto di innovazione descritto, valutato e poi misurato nel tempo. Non si entra solo in una location, per altro molto bella e ricca di sostegni validi a servizio delle aziende.
La vostra è un’azienda a forte impronta femminile, in un settore – come il digitale – in cui le donne sono in netta minoranza. Cosa occorre fare per diffondere il vostro esempio negativo?
Storicamente sono poche le donne occupate nel settore e bisogna diffondere la cultura affinché siano sempre di più. In particolare andrebbe ricordato che non sono tanto le donne ad aver bisogno della tecnologia, ma piuttosto il contrario. É un valore imprescindibile.
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