La figlia accusa l'intellettuale: «Mio padre ci ha picchiato in casa per anni»
TRIESTE «È stato un padre, un marito e un figlio estremamente violento». Con queste parole, parte di un lungo post pubblico su Facebook, la ricercatrice friulana Anita Bressan denuncia il padre, Carlo Bressan, volto noto del ’68 triestino e del centrosinistra friulano, dai tempi del Partito comunista fino ad anni recenti. L’uomo non commenta l’atto d’accusa della figlia: «Non ho intenzione di rispondere, dovrei contestualizzare – dichiara –. Dico solo che mescola verità e falsità».
Andiamo con ordine. Bressan, dicevamo, è un volto noto della sinistra regionale. È stato una delle anime del ’68 triestino e, dopo un periodo nella sinistra extraparlamentare, è approdato al Pci a metà degli anni Settanta. Ha ricoperto l’incarico di segretario di sezione ed è rimasto un attore sulla scena del Fvg fino ad anni recenti, con la fine dei Ds e la fondazione del Pd. Scrittore e intellettuale, è molto attivo nel mondo culturale dell’Isontino e della Bassa Friulana.
Nel racconto della figlia, però, il volto pubblico dell’uomo è molto diverso da quello privato da lei sperimentato ai tempi della loro vita in famiglia.
Giovedì scorso Anita Bressan ha pubblicato su Fb un testo lungo e particolareggiato, in cui spiega di aver sentito «il bisogno e anche il dovere» di condividere «alcuni pensieri». Spiega l’autrice: «Mi è arrivata la notifica di una manifestazione a favore dei curdi promossa a Udine da Carlo Bressan». La mobilitazione in favore del movimento socialista, femminista ed ecologista curdo da parte del padre è la scintilla che la porta a scrivere: «Carlo Bressan non è assolutamente nella posizione di parlare di pace e di massacri da evitare». Racconta Bressan: «È un uomo che dal 1983 al 2013 ha ripetutamente picchiato, e a volte quasi ucciso me (la figlia maggiore ndr), mia madre (oggi ex moglie di Bressan ndr), e la mia povera nonna paterna, che anche da vecchia ha subito le sue quotidiane esplosioni di rabbia e violenta follia». Segue un lungo elenco di violenze di cui riportiamo alcuni stralci: «Nel lontano 1983 ha massacrato di botte mia madre perché lei voleva divorziare. In un’occasione l’ha rincorsa attorno al tavolo col coltello e poi col ferro da stiro in mia presenza (avevo 8 anni)».
Anita Bressan cita poi un caso in cui il padre avrebbe distrutto i mobili di casa dell’ex moglie dopo averla picchiata. Scrive ancora: «Quando avevo 19 anni mio padre scoprì che sono omosessuale e mi picchiò selvaggiamente, sbattendomi la fronte sul bracciolo di legno del divano, urlando “te copo”. Poi mi sbatté fuori di casa». Questa la conclusione del racconto: «I suoi scatti di violenza continuarono poi saltuariamente in forma “minore” (pugni sul muro, porte rotte) fino al 2013, anno in cui, nel giorno del funerale di mia sorella (la sua altra figlia, morta suicida, ad avviso di mio padre per colpa mia), mi ha aggredita mettendomi una mano al collo mentre minacciava di tirarmi un pugno con l'altra. Per miracolo sono riuscita a svincolarmi e a scappare via terrorizzata».
Conclude spiegando la scelta del post pubblico: «So che alcune persone pensano che questi siano fatti personali, che non hanno ricadute nella sfera pubblica. (...) Agli uomini che commettono questi fatti viene permesso di farlo anche da coloro che, pur sapendo cosa accade all’interno delle mura di casa, continuano a sostenere pubblicamente i mostri che si rendono colpevoli di violenza domestica».
La donna è in possesso di diversi materiali in cui il padre conferma o non smentisce gli episodi, sminuendone però generalmente la portata. L’ex moglie non è risultata raggiungibile per un commento.
Di fronte alla richiesta di conferma o smentita degli episodi di violenza, Bressan dice: «Non ho intenzione di rispondere, dovrei contestualizzare. Dico solo che Anita mescola verità e falsità con una cattiveria indegna di una figlia». —
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