La Fiat “locomotiva” della ripresa di Belgrado

Quest’anno, dopo il crollo del 2012, il Pil tornerà a crescere almeno dell’1% Decisiva la reindustrializzazione a partire dallo stabilimento di Kragujevac
Di Stefano Giantin

BELGRADO. Sorpresa, forse non stiamo così male e il 2013 sarà l’anno della ripresa. Difficile cogliere espressioni simili lungo la centrale via del passeggio della capitale, la Knez Mihailova, o nelle periferie di Novi Beograd, tra i grigi casermoni sorti ai tempi d’oro della Jugoslavia, tra l’austroungarica Zemun e il maestoso Danubio. La gente della Belgrado di oggi, come Marko, titolare di un baretto a ridosso della fortezza Kalemegdan, continua a ripetere la solita e comprensibile antifona: «Siamo in crisi da vent’anni, ma ora è sempre più dura, i clienti si siedono per un caffè e rimangono tutto il giorno ai tavolini, non ci sono soldi e non c’è lavoro. Spero solo che i miei figli abbiano un futuro migliore del mio. E del tuo». O come Djordje Arambasic, giovane ma già popolare regista che racconta una storia simbolica: «Il governo ha tagliato i fondi per la cinematografia, zero dinari per il 2013, così con altri colleghi produciamo ora film lunghi 30 secondi, film a zero dinari», fulminei e dissacranti «remake di grandi opere che hanno ispirato altri registi, ricreando mini-versioni di Blow-Up, del Tempo dei Gitani o di un Titanic» girato su una barchetta galleggiante sulla Sava, con gabbiani indigeni sullo sfondo di un tramonto belgradese.

Sarcasmo balcanico che nasconde le difficoltà a sbarcare il lunario. Storie vere, com’è altrettanto vero il postulato iniziale. La Serbia, malgrado tutto e a differenza dei più ricchi vicini – Slovenia e Croazia in testa – quest’anno tornerà a crescere. Belgrado, dopo l’annus horribilis 2012, registrerà un aumento del prodotto interno lordo previsto a +1/1,5%. Non male, tenendo conto che l’anno scorso l’economia balcanica aveva segnato un Pil in calo di quasi il 2%. Un aumento atteso, quello del 2013, che certo non oscura i problemi di fondo più gravi della Serbia, come l’allarmante livello di disoccupazione e la povertà in crescita, tra Novi Sad e Nis, ma che fa sì che Belgrado possa immaginare un futuro meno oscuro. Un futuro, in costruzione, dove un ruolo rilevante lo sta giocando la nuova reindustrializzazione tanto auspicata dal ministro dell’Economia, Mladjan Dinkic. Reindustrializzazione in corso grazie anche ai più che generosi incentivi statali che Belgrado sta offrendo agli investitori stranieri per convincerli ad approdare in Serbia. Fra questi, la Fiat, che sembra sul punto di diventare la vera “locomotiva” della ripresa, con produzione ed esportazione che quest’anno si attestano «tra le 110mila e le 160mila autovetture, a seconda della domanda» sul mercato Usa delle 500L prodotte a Kragujevac, sottolineano gli analisti di Erste Bank. E non c’è solo la piccola Mirafiori serba a trainare l’economia, ma anche la produzione di tabacchi (+139%), il settore farmaceutico (+99%) e naturalmente l’automotive (+308%), che hanno registrato nei mesi scorsi prestazioni eccellenti. Ma com’è riuscita Belgrado a passare, in pochi mesi, dall’allarme default lanciato dall’appena insediatosi Dinkic, a una seppur timida ripresa? Quegli allarmi «erano collegati al finanziamento del deficit di bilancio» e si sono spenti «con l’emissione, che ha avuto molto successo, di due Eurobond a fine 2012 e a febbraio», risponde Jasna Atanasijevic, capo economista dell’istituto di credito Hypo Alpe-Adria a Belgrado. Quei «3,75 miliardi di dollari» collocati a investitori stranieri «sono un riflesso dell’appetito del mercato verso il debito dei Paesi emergenti, della liquidità dello stesso e delle valutazioni degli investitori di un rischio moderato su un default sovrano della Serbia», aggiunge l’economista. Ma non sono tutte rose e fiori, perché «la vulnerabilità dell’economia serba sul deficit con l’estero, su quello fiscale e a causa dell’aumento del debito pubblico rimane un tema» caldo e «non molto è cambiato in tal senso rispetto al 2012». La reindustrializzazione propugnata da Belgrado, spiega poi Atanasijevic, è un «modo per aumentare l’export», ma rimangono «cruciali» anche politiche che «riconcilino le scelte per la competitività con le misure fiscali restrittive. Incoraggiare gli investimenti stranieri e orientarli verso settori strategici», come l’automotive e l’elettronica, «è un’opzione, dato che i capitali locali sono relativamente limitati». Un quadro di luci e ombre, che conferma dunque le previsioni delle grandi banche internazionali. E che, anche se non prospetta «una crescita spettacolare per il 2013, offre tuttavia una lettura positiva, con la ripresa delle esportazioni nette e con «un aumento degli investimenti», grazie a programmi per la realizzazione di grandi infrastrutture. E per la modernizzazione di quelle esistenti e obsolete di un Paese che spera almeno in un futuro migliore, dove i Marko e i Djordje possano immaginare un locale più affollato e un film che duri ben più di trenta secondi.

(2 - segue. La prima puntata sulla Slovenia è uscita il 4 aprile 2013)

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