La favola dei villaggi in Bosnia dove ricresce il grano saraceno
MILANO. Immaginate due lembi di paradiso, su un altopiano scavato dalle acque, ondulato come un gheriglio di noce, stretto dentro i profondi canaloni di una grande ansa della Drina, fiume cruciale della storia europea, confine e insieme legame di civilizzazioni che si sono confrontate nella geografia balcanica. Immaginate ora la guerra, che strappa la vita di una comunità, devasta ogni idea di convivenza culturale, sepra le famiglie, disperde i sopravvissuti. Immaginate ora che, dopo quasi dieci anni, pian piano quella terra riprenda vita, ritorni chi era andato via, si ricucia un dialogo e un tessuto multiculturale nel segno della pace. Stiamo parlando si Osma›e e Brežani, due villaggi del Podrinje, regione della Bosnia orientale, ai confini con la Serbia, cui la giuria del “Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino” ha deciso all’unanimità di dedicare la XXV edizione (2014) della campagna di studio e di cura rivolta a un luogo particolarmente denso di valori di natura, di memoria e di invenzione, promossa e organizzata ogni anno, dal 1990, dalla Fondazione Benetton Studi Ricerche.
A Osma›e e Brežani, devastate e desertificate dalla guerra, un piccolo nucleo di famiglie sta cercando da qualche anno di trovare la strada del ritorno, la trama della memoria, nuove relazioni tra persone, spazi da abitare, terre da curare, case da ricostruire, condizioni umane da conquistare. Prima della guerra, nel 1991, Osma›e aveva 942 abitanti e Brežani 273. Nessuno vi ha abitato dal 1993 al 2002, l’anno dei primi rientri dopo la lunga diaspora. Oggi un centinaio di persone abita nei borghi di Osma›e e solo alcune famiglie vivono nel contiguo villaggio di Brežani. I borghi sono costituiti da un numero variabile di case unifamiliari, separate l’una dall’altra, in una condizione senza centro che ci sorprende. Ma in realtà il microcosmo multiculturale si costituisce dentro misure e presenze comuni: edifici religiosi, piccoli cimiteri, tempietti con la lista dei caduti, il crocevia con la fontana, punto di incontro per le persone che passano e per gli animali che pascolano. E soprattutto, con il suo valore simbolico, la scuola che “prima” accoglieva più di 500 alunni provenienti da vari villaggi circostanti e che oggi è in rovina. I piccoli passi del ritorno hanno trovato nel loro itinerario solidarietà nate negli anni e nei fatti. Tra i primi protagonisti della rinascita c’è Irfanka Pašagic, psichiatra, Premio Alexander Langer 2005, promotrice e direttrice a Tuzla dell’associazione Tuzlanska Amica, attiva fin dal 1992 nella cura di donne e bambini dei territori sottoposti a “pulizia etnica”. E lo stesso Alexander Langer (1946-1995), figura che ha attraversato gli anni della guerra lasciando un segno profondo con il suo Tentativo di decalogo per la convivenza inter-etnica. Grazie a loro nel 2005 nasce il gruppo “Adopt Srebrenica”, per fare memoria e ragionare sul futuro. Nel 2010 inizia a Osma›e l’esperimento del grano saraceno, nato dallo scambio di conoscenze e di pratiche con tecnici di vari paesi, in primis l’Italia. Le collaborazioni si allargano, dalla Fondazione Alexander Langer al Centro Pace del Comune di Venezia e all’Archivio Storico di Bolzano, dagli Agronomi senza Frontiere di Padova alla Cooperativa agricola El Tamiso, dall’Associazione di Cooperazione e Solidarietà Italia alla Tavola Valdese. Fino al Premio Carlo Scarpa, che verrà consegnato ad altri due protagonisti della rinascita, Muhamed Avdic e Velibor Rankic. La campagna 2014 inizia oggi a Milano con la conferenza stampa e prosegue a Treviso venerdì 9 e sabato 10 maggio, con l’inaugurazione di un’esposizione, un seminario pubblico di riflessioni, la pubblicazione di un dossier dedicato a Osmace e Brežani e la cerimonia di consegna ai responsabili del luogo del sigillo disegnato da Carlo Scarpa (1906-1978). La campagna proseguirà con altre iniziative nel corso dell’anno, oltre che a Treviso, in Bosnia Erzegovina, a Bolzano, Trieste, Venezia.
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