La fandonia social del Covid-19 psicosomatico

Riuscirà a sparire l’idea diffusa che personalità e stress condizionino il rischio di ammalarsi? Studi epidemiologici replicati ormai molte volte indicano che se un’influenza psicologica esiste, questa è comunque minore di un fattore due nel determinare la probabilità di sviluppare una patologia.
Ultrastructural morphology exhibited by coronaviruses, the spikes that adorn the outer surface of the virus, which impart the look of a corona surrounding the virion, when viewed electron microscopically, this coronavirus, named Severe Acute Respiratory Syndrome coronavirus 2 (SARS-CoV-2), was identified as the cause of an outbreak of respiratory illness first detected in Wuhan, China in 2019, the illness caused by this virus has been named coronavirus disease 2019 (COVID-19).
Ultrastructural morphology exhibited by coronaviruses, the spikes that adorn the outer surface of the virus, which impart the look of a corona surrounding the virion, when viewed electron microscopically, this coronavirus, named Severe Acute Respiratory Syndrome coronavirus 2 (SARS-CoV-2), was identified as the cause of an outbreak of respiratory illness first detected in Wuhan, China in 2019, the illness caused by this virus has been named coronavirus disease 2019 (COVID-19).

TRIESTE La scorsa settimana ho partecipato a un incontro nell’ambito della riuscita settimana del premio giornalistico Papa Hemingway, in piazza a Caorle – sì, si possono tenere questi eventi in sicurezza e con grande gradimento del pubblico anche di questi tempi. La giornalista che mi intervistava a un certo punto mi ha chiesto: «Ma c’è una componente psicologica in chi si ammala di Covid-19?». Da buon positivista, ho barcollato sulla sedia e ho contato a lungo prima di risponderle educatamente che no, sfortunatamente il Covid-19 è una malattia virale, l’umore e il temperamento non c’entrano proprio.

Quest’idea di una componente psicosomatica nelle malattie è però assai radicata nell’opinione comune. Uno dei massimi contributori a questa fake, come la chiamerebbe oggi il popolo dei social, è stato Hans Eysenck, professore di psicologia dal 1955 al 1983 al King’s College London e considerato per oltre 50 anni un gigante della psicologia del ventesimo secolo. Eysenk era un saldo propugnatore dell’idea che certi tipi di personalità predispongono ai tumori e alle malattie cardiovascolari, che quindi possono essere prevenuti con un’appropriata psicoterapia. Era arrivato a sostenere che la personalità di alcuni individui aumenta fino a 70 volte il loro rischio di sviluppare un tumore, un valore enorme dal punto di vista epidemiologico. Quando morì nel 1997, Eysenk era il più citato psicologo al mondo, secondo solo a Sigmund Freud e Jean Piaget. Ma a quel punto già la schiera dei suoi detrattori si era cominciata a ingrossare, soprattutto per le sue controverse teorie sull’ereditarietà dell’intelligenza e del rapporto di questa con le razze (l’intelligenza è ereditaria, ma certamente non legata alle razze).

Ed è proprio dello scorso maggio lo scrollone finale che ha fatto scendere Eysenk dal suo piedistallo: sollecitata a gran voce dalla comunità di psicologi e psichiatri, una commissione interna d’inchiesta del King’s College London ha esaminato retrospettivamente le pubblicazioni di Eysenk e chiesto la ritrattazione di 25 dei suoi lavori. Solo la punta dell’iceberg, pare, perché sono molte decine di altri quelli messi in discussione dalla comunità scientifica.

Riuscirà a sparire l’idea diffusa che personalità e stress condizionino il rischio di ammalarsi? Studi epidemiologici replicati ormai molte volte indicano che se un’influenza psicologica esiste, questa è comunque minore di un fattore due nel determinare la probabilità di sviluppare una patologia. Ancora una volta attenzione a internet, allora, dove invece l’idea del benessere della psiche come strumento per prevenire le malattie continua ancora a imperversare. —

© RIPRODUZIONE RISERVATA


 

Riproduzione riservata © Il Piccolo