«La diga è a rischio cedimenti, va protetta dalle mareggiate»

GRADO Rispolverare la sapienza degli antichi per far fronte all’eventualità che le forti mareggiate diventino più pericolose e frequenti nel prossimo futuro. Potrebbe essere riassunta così, in parole povere, la mozione che il consigliere di opposizione Sebastiano Marchesan (lista civica Insieme per Grado) ha presentato ieri mattina per impegnare il sindaco Dario Raugna a mettere in sicurezza la diga Nazario Sauro e l’isola intera. Sullo sfondo l’ondata di maltempo che ha colpito il Belpaese senza risparmiare Grado, dove la forte mareggiata ha divorato decine di migliaia di metri cubi di spiaggia.
I danni - che il Comune deve quantificare e comunicare alla Regione entro il 19 novembre - non paiono così ingenti come nelle zone più colpite d’Italia. Ma prevenire è meglio che curare. Tanto più in un momento in cui i cambiamenti climatici sembrano aver deciso di mostrare i loro effetti più cruenti. Parte da queste premesse il ragionamento che ha spinto il consigliere Marchesan a sollecitare una discussione più approfondita sul “che fare” in Consiglio comunale.
Nello spiegare il documento, Marchesan ricorda l’aspetto antico della diga, «costruita un secolo fa saggiamente a schiena d’asino, in modo da proteggere gli abitati dalle mareggiate». Soffermandosi proprio sul lungomare, il consigliere chiede al Comune di verificare la crescita delle piante tra le pietre di masegno «le cui radici possono determinare infiltrazioni d’acqua di mare aumentando il rischio allagamenti sulla diga e nei giardini a ridosso di quest’ultima». Ancora, evidenzia come sia da sistemare e completare la scogliere frangiflutti «perché in alcune zone, e in particolare nell’area antistante lo Zipser e all’altezza dell’area verde di via dei Provveditori, le pietre a protezione della diga sono mancanti».
Una situazione, incalza, «che si è ulteriormente aggravata in seguito all’ultima mareggiata». Ma la discussione cui aspira il consigliere mira lontano, cercando, una volta per tutte, una soluzione definitiva. «Non è possibile trovarsi ogni anno a dover spendere fior fior di quattrini per il ripascimento delle spiagge mangiate dal mare. Un camion pieno di sabbia costa 800 euro, significa che ogni anno si spendono decine di migliaia di euro». E per risolvere il problema, tira fuori il coniglio dal cilindro ricorrendo, ancora una volta, ai metodi antichi. Marchesan si riferisce alle care e vecchie scogliere da posizionare nel mare a trecento metri dalla costa, in posizione sfalsata l’una dall’altra. Una serie di dighe da realizzare per proteggere la costa, capaci di rompere il mare di scirocco diminuendo la forza delle onde che s’infrangono sul lungomare.
«È opportuno valutare tramite la Regione e l’Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale di Trieste - si legge nel documento - la realizzazione di un sistema complessivo di protezione a mare per limitare la continua e sistematica erosione delle spiagge derivata dalla forti mareggiate». Con altri possibili vantaggi. Primo, «evitare il traffico di motoscafi per la tranquillità dei bagnanti». Due, «aumentare la quantità di pesce nel mare visto che le scogliere ne costituiscono un habitat ideale», insiste Marchesan suggerendo al Comune di attivarsi per ottenere i finanziamenti necessari. «Interventi nel mare fissi o rimovibili, opportune scogliere a mo’ di barriere frangiflutti e impianti a basso impatto ambientale sono già stati sperimentati in diverse località delle costiera veneta e romagnola». —
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