La Curia a Menia: testo in sloveno condiviso da tutti

Pacata e stringata replica al sottosegretario che non aveva apprezzato la seconda lettura
Il vescovo Giampaolo Crepaldi
Il vescovo Giampaolo Crepaldi
Non cede alla tentazione dello scontro, da cui si tiene consapevolmente ben distante. Ma dalle poche righe diffuse ieri, emerge tutta la sua fermezza sulla questione. La Curia ha optato per questa strada, nel tentativo di chiudere senza traumi politico-istituzionali il caso della seconda lettura (un passaggio della prima lettera di San Paolo apostolo agli Efesini) solo in sloveno nella liturgia per l’insediamento del nuovo vescovo Giampaolo Crepaldi, sollevato dal sottosegretario Roberto Menia. L’ufficio stampa della Diocesi - nel suo intervento ufficiale - richiama il fatto che i libretti per la celebrazione, «distribuiti in Cattedrale, riportavano i testi in sloveno con la relativa traduzione in italiano», specificando come «si tratta di una prassi comunemente usata anche in altre Diocesi e ormai ben consolidata e accettata nella nostra». Come a dire: nulla di strano nella cerimonia di domenica scorsa a San Giusto, con buona pace dell’onorevole Menia. Una replica indiretta, inappuntabile nella forma, secca nei toni pure senza sconfinare nella polemica.


Menia, l’altro giorno, aveva chiarito la sua dichiarazione del post-liturgia, quando si era espresso facendo riferimento a «una lettura non compresa» (il giorno dopo l’Arcivescovo Crepaldi peraltro aveva osservato: «Non ha capito la versione in sloveno della mia omelia, della quale vado orgoglioso...»): l’esponente di governo - è stata la sua successiva spiegazione - intendeva «la seconda lettura, quella sì letta solo in sloveno». Una puntualizzazione, quest’ultima, condita poi da altre considerazioni: «A Trieste c’è una sola lingua che tutti comprendono ed è l’italiano. Non è “una” delle lingue, è “la” lingua nazionale che tutti unisce, a prescindere dalle diverse origini e culture. Forse è “riduzionismo” metterne, di fatto, in discussione questo ruolo, nelle istituzioni come in chiesa». Quella lettura, aveva concluso Menia, «io come quasi tutti, non l’ho potuta capire. E non perché ero disattento».


Sullo scambio di battute Menia-Curia, il sindaco Roberto Dipiazza sceglie la strada della diplomazia, non senza esternare però quel concetto di base già fatto proprio ventiquattro ore prima dal consigliere regionale del Pdl Bruno Marini: «Alla fin fine, si trattava dell’arrivo del nuovo vescovo, il quale per l’occasione - afferma Dipiazza - avrà concesso qualcosa in più. Sarà stata un’apertura una tantum, non ritengo sia nulla di drammatico. Diverso sarebbe invece se la cosa dovesse ripetersi ad ogni celebrazione, visto che siamo a Trieste. Ripeto, penso ci sia stata questa apertura per il suo insediamento».


Presente a San Giusto domenica scorsa, il deputato del Partito democratico, Ettore Rosato, non chiama in causa direttamente Menia ma gli invia implicitamente dei messaggi chiari: «Credo che il nuovo vescovo e il suo arrivo in questa città con parole molto sagge e attente alle nostre sensibilità e alle relative pluralità, non meritino di essere accolti con polemiche. A monsignor Crepaldi vanno assicurati rispetto e senso di collegiale incoraggiamento a svolgere il suo episcopato con quella attenzione che ha saputo dimostrarci proprio nel corso della messa del suo insediamento».

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