La Croazia riparte: piano spalmato su tre settimane
La Croazia morde il freno, in Istria i casi di coronavirus sono stati azzerati, un po’ più difficile la situazione in Dalmazia con alcuni focolai in case di riposo a Spalato e a Dubrovnik. Ma l’industria principale del Paese, quella che vale il 20% del Pil, ossia il turismo, deve in qualche modo ripartire per salvare il salvabile. Il governo croato così ha approvato un piano di allentamento delle misure restrittive di contrasto all'epidemia del coronavirus, che prevede le prime riaperture di molti esercizi commerciali già da questa settimana, ma con l'obbligo di rigorose misure igieniche e della distanza interpersonale.
Il piano ha tre fasi che progressivamente, nei prossimi tre lunedì, porteranno a una parziale normalizzazione della vita e delle attività economiche nel Paese. Dopo lo stop deciso il 27 marzo, oggi riaprono quasi tutti gli esercizi commerciali e gli artigiani, tranne i grandi centri commerciali, e una parte dei trasporti pubblici. Tra una settimana saranno riaperte le chiese e altri luoghi di culto, librerie, biblioteche e sarà permesso lavorare anche ai parrucchieri e agli estetisti.
Dall'11 maggio gli assembramenti pubblici saranno limitati a dieci persone (finora a cinque), con la riapertura di asili nido, scuole elementari, centri commerciali e il traffico aereo nazionale. Sarà permesso di lavorare anche a bar e ristoranti, ma solo all'aperto, con molte limitazioni nel numero di persone ai tavoli. Resta in vigore il divieto di tutte le manifestazioni pubbliche, anche all'aperto.
Da rilevare la polemica innescata dal capo della Protezione civile della Regione Istria Dino Kozlevac, che ha criticato il governo perché il piano nazionale di allentamento delle misure prevede degli step settimanali mentre nella Regione Istria, in pratica “coronavirus free”, l’intervallo tra ogni step sarà di dieci giorni. Polemica che conferma la litigiosità e la volontà di autonomia da parte delle contee croate dal potere centrale.
Quanto al turismo, gli operatori del settore sono preoccupati per la “liberalizzazione” in arrivo. «Mancano mascherine per gli operatori e anche disinfettanti adatti», dicono. E si chiedono che cosa potrebbe succedere se un turista dovesse subire il contagio da coronavirus o, peggio, morire per la stessa causa in una stanza di hotel o di un affittacamere.
Di chi sarà la colpa? Chi si assumerà la responsabilità? Gli interrogativi sono ancora molti, soprattutto su come i turisti giungeranno in Croazia. Per questo la settimana che si apre oggi sarà decisiva: sono in calendario riunioni tra i ministri del Turismo dei Paesi Ue e contatti tra premier soprattutto di Austria, Croazia, Slovenia e Ungheria. —
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