La Croazia cambia il sistema di operatività degli ospedali
ZAGABRIA Malasanità, medici e infermieri che protestano fuori dagli ospedali perché manca il personale per fronteggiare la seconda ondata della pandemia da Covid-19, attualmente 1.330 persone ricoverate per coronavirus di cui 128 in terapia intensiva: di fronte a questi numeri e alla situazione di tensione anche sociale che si è venuta a creare in Croazia, il ministro della Salute Vili Beroš è corso ai ripari ridisegnando completamente il sistema operativo dei nosocomi del Paese.
Il punto debole era Zagabria, anche venerdì 575 nuovi contagi, per cui la novità ora consiste nel fatto che l’ospedale di Dubrava, dove si sono verificati i casi di malasanità con il siluramento di direttore e cda, è definitivamente un nosocomio dedicato unicamente alla cura delle persone infette da Covid-19. Per quanto riguarda gli altri ospedali si è deciso di fare sistema, cioè a Zagabria si opererà come se ci fosse un unico grande ospedale, per cui, ad esempio, se un neurochirurgo di Dubrava non ha un lavoro lì adesso, ne avrà uno a Rebra o a Vinogradska.
Tutti gli ospedali di Zagabria diventano ora un ospedale unico, dislocato in più località. Il ministro Beroš è il direttore generale e tutti gli altri direttori saranno i suoi vice. Infermieri, medici e attrezzature saranno condivisi tra loro a seconda delle necessità. «La situazione è come in una guerra - ha detto il ministro - dobbiamo adattarci e lavorare per il bene dei pazienti e per il mantenimento in vita del sistema sanitario».
Gli ospedali croati hanno sempre più pazienti Covid positivi che hanno bisogno di assistenza medica ogni giorno. Giovedì sono stati 1.307 i pazienti negli ospedali di tutto il Paese, 135 dei quali attaccati a un respiratore. La clinica per le malattie infettive "Dr. Fran Mihaljević" ha esaurito le sue capacità ricettive, e la situazione è simile, negli ultimi giorni, nel Covid-hospital Dubrava, che non può più ricevre pazienti. Per questo motivo è stato aperto il blocco C del nosocomio, da cui sono stati trasferiti i pazienti ricoverati per altre patologie liberando così i posti letto. Ma quanto tempo la soluzione sarà sufficiente? Difficile dirlo. Sta di fatto che il virus non molla la sua presa in Croazia e gli ospedalizzati inesorabilmente crescono. I dati parlano chiaro. Nelle ultime 24 ore i contagi sono stati 2.399 su 8.624 tamponi effettuati, in pratica un test su 4 è risultato positivo. I decessi sono stati 35.
E se Atene piange, Sparta non ride. Anche la Slovenia sta vivendo momenti terribili per la tenuta del suo sistema sanitario. Nelle ultime 24 ore altri 1.612 contagi su 6.340 tamponi effettuati. Il 25,43% dei test, dunque, è risultato positivo al virus. I decessi sono stati 34. Ma la vera lotta si sta combattendo nelle corsie degli ospedali dove i medici e il personale infermieristico sono allo stremo. «Se sei un medico o un infermiere e al momento non sei attivamente coinvolto nel lavoro sanitario fallo il prima possibile». È questo l’appello del Coordinamento dell’Ordine dei medici e della Camera degli infermieri della Slovenia e del Consiglio sanitario. L’invito è rivolto anche a coloro che non hanno una licenza (laureandi in medicina o infermieristica) a unirsi a squadre in un sistema sanitario che comunque deve affrontare un grave sovraccarico. «Il loro aiuto sarà molto gradito nell'attuale difficile situazione che deve affrontare la sanità slovena, quindi chiediamo loro di fare rapporto alle istituzioni sanitarie», hanno detto all'Ordine dei medici. Il ministero della Salute, intanto, è alla frenetica ricerca di letti supplementari per i pazienti infetti dal Covid-19 e ai quali molti ospedali rispondono dicendo che non hanno più personale per la cura dei malati. «Siamo arrabbiati e furiosi - afferma il direttore dell’ospedale Golnik, Aleš Rozman - la gente per strada scherza, e qui le persone con il Covid-19 stanno morendo». Il governo ha varato ieri sera il sesto pacchetto di aiuti per fronteggiare la crisi economica da Covid con aiuti a piccole e medie imprese e risarcimenti anche a ristoratori e ai negozianti che hanno abbassato le saracinesche per le norme restrittive anti coronavirus. —
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