La crisi delle case vacanza a Trieste: è stop per 210. Sparito il 20% del totale
TRIESTE Dall’inizio dell’emergenza Covid-19 oltre il 20% delle case vacanza triestine ha cessato l’attività. I gestori hanno già comunicato la decisione agli uffici del Comune di Trieste. Al 15 settembre scorso le Scia (segnalazione certificata di inizio attività) attive in città per quelle che vengono definite “unità abitative ammobiliate ad uso turistico” erano 997. Il primo marzo scorso, prima del lockdown, se ne contavano 1.207. In poco più di sei mesi, quindi, 210 realtà regolarmente dichiarate (molte invece lavorano in nero) hanno deciso di sospendere l’attività ricettiva.
Negli ultimi anni la crescita esponenziale del numero di turisti ha visto trasformare centinaia di case in realtà per accogliere chi pernotta a Trieste. Il Comune, prima dell’emergenza, rilasciava in media 10/12 autorizzazioni al mese per l’inizio di questo tipo di attività. Soprattutto nel centro storico, ma anche in rioni come San Giacomo o Roiano ben serviti dal trasporto pubblico, gli appartamenti destinati ai turisti sono spuntati come funghi, trasformando le seconde case in un vero e proprio sistema di investimento a buon reddito. Senza parlare delle ville in Costiera o sul Carso che, spesso in attesa di trovare un acquirente, sono state destinate a vacanze super comfort, magari con piscina e palestra. Ora il crollo, i turisti si sono ridotti, gli alberghi ma pure i bed&breakfast offrono le camere a prezzi stracciati, e molte case vacanza sono rimaste vuote.
«Il mio compagno ha un appartamento ereditato dalla famiglia che fino allo scorso febbraio era destinato a questo utilizzo – riferisce Lidia Sergo –. Io mi prendevo cura delle pulizie, della promozione sui portali specializzati e dell’accoglienza degli ospiti. Da maggio ad ottobre le richieste erano tantissime anche perché l’immobile è in centro e ben arredato». Dopo il lockdown però lo scenario è cambiato. «Abbiamo tentato di resistere fino a luglio – sostiene – ma passavano settimane per una prenotazione, così abbiamo deciso di offrire la casa a studenti, in attesa la situazioni migliori».
Gli immobili destinati a “unità abitative ammobiliate ad uso turistico” che hanno comunicato la cessazione di questa attività «sono stati messi ora sul mercato con annunci rivolti a studenti o ad affitti transitori – spiega Giorgio Calcara, titolare dell’omonima agenzia immobiliare –. Va tenuto conto che sono abitazioni ristrutturate, curate, con arredamento nuovo e quindi il mercato degli affitti ha visto elevare la qualità dell’offerta».
Le proposte di case vacanza anche sul portale specializzato Airbnb si sono ridotte. «Oggi, considerando che queste strutture sono un migliaio e valutando che offrono in media dai 3 ai 4 posti letto per appartamento, con ville che ne riescono a proporre molti di più, si inseriscono nel mercato della ricezione turistica con oltre 4 mila posti letto. Erano circa 6 mila prima dell’emergenza», spiega Guerrino Lanci, presidente di Federalberghi Trieste. I turisti arrivati in città questa estate hanno spesso preferito una stanza d’albergo all’affito, anche per poche notti, di una casa vacanze. «Il costo medio di una stanza si è ridotto del 25-35% rispetto allo scorso anno e quindi è estremamente concorrenziale – specifica Lanci –, senza contare che alcune di queste realtà hanno anche un servizio borderline, mentre l’albergo garantisce livelli di igiene, interventi di sanificazione e di sorveglianza a ciclo continuo».
A stagione estiva conclusa, tirando le somme, il presidente di Federalberghi indica che «a luglio le presenze nelle strutture alberghiere sono state il 30-35% di quelle dello scorso anno, ad agosto il 45%. Il comparto chiuderà l’anno con un fatturato ridotto del 65-70% rispetto al 2019». —
Riproduzione riservata © Il Piccolo