La criminologa Bruzzone: «La perizia su Liliana non toglie dubbi, li alimenta. Il caso non va archiviato»

L’esperta resta convinta che quello di Resinovich non sia stato un suicidio: «Molte sostanze potenzialmente mortali sfuggono ai tossicologici: l’insulina ad esempio»
Marco Ballico

TRIESTE. «Ora la Procura ha un problema in più». Roberta Bruzzone non cambia idea: Liliana Resinovich non si è tolta la vita. Per questo, lette le anticipazioni d’agenzia sulla relazione firmata dal professore di medicina legale Fulvio Costantinides e dal medico radiologo Fabio Cavalli, documento in cui emergerebbe invece la tesi del suicidio, la psicologa forense e criminologa investigativa, interessata sin dal primo giorno al giallo di Trieste, si sofferma sui lati oscuri della vicenda, a partire dal “buco” di quei venti giorni di scomparsa.

Quando furono resi noti gli esiti degli esami tossicologici, lei assicurò che non si trattava di suicidio. La relazione dei consulenti cambia lo scenario?

«Quello che abbiamo letto in queste ore, più che sciogliere dubbi, li alimenta in maniera esponenziale».

Che cosa la lascia più perplessa?

«Non si capisce innanzitutto dove troverebbe riscontro la causa asfittica. Gli stessi esperti parlano di scompenso cardiaco acuto, ma con un quadro asfittico estremamente superficiale. E poi c’è il problema dell’epoca della morte. Il problema che la Procura, adesso, dovrà cercare di risolvere».

Il 14 dicembre Resinovich scompare, il 5 gennaio viene ritrovata nel parco dell’ex Opp. La morte viene fatta risalire a due o tre giorni prima. Una ricostruzione verosimile esiste?

«Bisognerebbe prima di tutto sapere dov’è stata la signora per così tanti giorni senza soldi, telefono, documenti, Green pass, con gli stessi abiti indossati quando è scomparsa. E rimane pure il mistero di dove avrebbe consumato l’ultimo pasto, guarda caso con gli stessi alimenti che era solita assumere a casa, compreso un multivitaminico».

Una valutazione medico-legale può essere sbagliata? Incompleta?

«Non sempre, purtroppo, queste valutazioni sono affidabili. Le anticipazioni diffuse sono profondamente incoerenti rispetto a quanto sappiamo. Parliamo di una donna con i riflettori addosso per settimane. Chi l’ha ospitata, chi l’ha nutrita, chi ha potuto nasconderla da ogni telecamera accesa in quei giorni? Non c’è nemmeno un passaggio di tipo economico, tanto che il marito ci ha tenuto a far vedere i contanti che Liliana teneva in casa per le spese domestiche. Qualcosa non torna, è abbastanza chiaro a tutti. Anzi, a me non torna proprio niente. Pure il fatto che la consulenza medico-legale, la più attesa dell’inchiesta, sia comparsa prima sui giornali che sul tavolo di un magistrato».

Medici e investigatori troveranno un punto di incontro?

«Fossi nella Procura chiederei un’integrazione di natura autoptica».

Che cosa può essere sfuggito e ancora recuperato?

«Ci sono sostanze, potenzialmente mortali, che hanno un range assai ridotto di valutazione in sede tossicologica e che potrebbero essere state utilizzate per mettere la donna in una condizione di minorata difesa. Sono pure compatibili con una causa di morte legata a uno scompenso cardiaco acuto».

Un esempio?

«L’overdose di insulina».

In sintesi, non c’è stato suicidio?

«Se prima ero portata a escluderlo, oggi lo sono ancora di più. Stava progettando una vita con un altro uomo, al punto che era alla ricerca di una nuova casa, era pronta al divorzio, aveva progettualità a breve termine molto concrete. Non c’è una sola strada che porti a pensare al suicidio».

Sul corpo, però, non ci sono segnali di violenza.

«L’ipotesi della sostanza non rilevata è realistica. Questa autopsia può essere un lavoro rispettabilissimo, ma non dà risposte coerenti. Una sofferenza asfittica che dà come esito uno scompenso cardiaco acuto dovrebbe lasciare segni molto evidenti a livello polmonare. Mi pare che non se ne parli. Come pure non è chiaro se ci sono graffi o ferite sul corpo».

Pensa alla messa in scena?

«Pochi dubbi. Qualcuno ha portato lì Liliana».

Già morta?

«O morta o morente».

È tardi per una svolta sulle indagini?

«Forse non c’è più tempo per attività investigative classiche. Mi auguro siano state disposte intercettazioni, ma oggi la Procura ha il problema di capire dove sia stata questa donna dal momento della scomparsa. Non si può archiviare il caso senza rispondere a questo interrogativo».

Il marito sospetta che la moglie nascondesse qualcosa.

«Ormai lo sappiamo tutti, pure lui: nascondeva la volontà di lasciarlo. Ma non era un segreto inconfessabile, si stava organizzando per gestire la situazione».

Liliana è stata uccisa?

«Di sicuro non aveva motivo di uccidersi».

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