La crescita del lavoro "povero"
TRIESTE. Lo chiamano part-time involontario, ma si potrebbe dire forzato: si lavora a tempo parziale in mancanza di occasioni di impiego a tempo pieno. La Cgil, unendola al nodo dei voucher, la definisce occupazione «povera». In tempi di crisi i numeri sono da boom anche in Friuli Venezia Giulia: gli "
involontari" a mezzo servizio sono cresciuti di 30mila unità: nel 2008 erano 17mila, oggi sono 47mila, quasi tre volte tanto, e valgono la metà dei 94mila contratti part-time in regione (di fatto, rispetto alla platea complessiva, un lavoratore su cinque). Allarme e fotografia sono della segreteria Cgil. Villiam Pezzetta parte proprio dai numeri aggiornati dall'Istat al quarto trimestre. «È vero che c'è un recupero di circa 3.600 occupati rispetto al dato medio 2015 - osserva il segretario - ma è anche certificata la debolezza di un panorama occupazionale pesantemente caratterizzato dalla crescita del lavoro povero, che certo non basta a mantenere una famiglia». Ricordato infatti che rispetto al 2008, anno di inizio della crisi, si contano 20mila occupati in meno, «ci sono almeno 6mila lavoratori il cui unico reddito è garantito dai voucher, a fronte di oltre 50mila utilizzatori nel corso dell'anno, e di circa 4mila lavoratori fermi per cassa integrazione». E c'è poi il boom dei part-time legati a un calo del lavoro da parte dell'impresa, piuttosto che a esigenze del lavoratore o della lavoratrice. «Se nel 2008 l'80% dei contratti a tempo parziale erano chiesti dai dipendenti - insiste Pezzetta -, adesso la percentuale è scesa al 50%». In sostanza, in otto anni, oltre a chi ha perso il lavoro, ci sono anche 30mila persone costrette a subire una scelta dettata dall'azienda. La disoccupazione, che attualmente in regione si assesta al 7,2%, non è quindi l'unica emergenza. Nel contesto del lavoro povero, con part-time obbligati e voucher (il cui reddito medio annuo in regione è inferiore a 600 euro), Pezzetta inserisce anche le partite Iva improprie, gli accordi di associazione nel commercio, il crescente ricorso agli appalti sia nel pubblico che nel privato. Serve dunque «invertire la rotta rispetto al Jobs Act che non ha dato il benché minimo impulso al mercato del lavoro, visto e considerato che la stessa crescita dei contratti a tempo indeterminato registrata nel 2015 si è immediatamente sgonfiata quest'anno per effetto del venir meno degli sgravi contributivi». Ce l'ha molto più con l'impostazione politica del governo, Pezzetta, che non con la Regione e con Debora Serracchiani: «A Roma, purtroppo, si pensa da anni di rilanciare il Paese precarizzando il lavoro, scelta che ha prodotto effetti negativi, inevitabilmente, pure con il precedente esecutivo». Di qui l'auspicio di una «retromarcia» sul Jobs Act, anche sulla spinta dei tre referendum abrogativi su voucher, licenziamenti illegittimi e responsabilità solidale negli appalti promossi proprio dalla Cgil, sulla cui ammissibilità la Corte Costituzionale si pronuncerà il prossimo 11 gennaio. Al governo Fvg, il cui lavoro viene giudicato «complessivamente positivo», il segretario chiede comunque di rafforzare l'impegno sulle politiche attive del lavoro: «Se nella gestione delle crisi l'impegno della giunta non è mai mancato, i numeri dimostrano che la vera sfida è quella dell'occupazione giovanile, drasticamente erosa dalla crisi e dalla riforma Fornero, e del ricollocamento dei lavoratori in età matura. E se è vero che i posti di lavoro non si creano per legge, a maggior ragione se si tratta di leggi sbagliate come la riforma nazionale del lavoro, è altrettanto vero che si può aumentare la potenza di fuoco sul versante della formazione e dei percorsi di ricollocamento. Avendo ben chiaro anche che la priorità vera è quella di agire sulla leva delle opere pubbliche, a partire dalle infrastrutture strategiche e dalla messa in sicurezza degli edifici, scuole in primis, e del territorio».
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