La costruttrice di ponti tra italiani e sloveni

di LILLI GORIUP
Tutti, a Gorizia, del 1991 ricorderanno il panico e il rumore degli spari. Venivano dai carri armati che armeggiavano subito oltre il confine ed erano la manifestazione concreta dell’avvenuta rottura tra Belgrado e Lubiana. Un anno dopo, nella capitale slovena indipendente, una giovane donna varcava per la prima volta la soglia del ministero degli Esteri. Era Ingrid Sergaš.
Oggi sul Carso non si vedono né carri armati, né frontiere. Qualcuno va ancora a comprare sigarette e benzina «in Jugo», ma non è che un modo di dire. E Ingrid Sergaš è la console generale di Slovenia a Trieste. Una delle più alte cariche diplomatiche: dopo c’è solo l’ambasciata. La rappresentanza slovena ha un ruolo speciale all’interno del corpo consolare triestino, vuoi per la prossimità del confine, vuoi per la responsabilità nei confronti della minoranza, vuoi per il suo status: è uno dei quattro consolati di carriera presenti in città. Ed è tutto al femminile: con la console generale c’è la console Tanja Mljac.
Ingrid Sergaš riassume così il suo percorso, un vero e proprio cursus honorum, lento e graduale: «Sono nel ministero degli Esteri dalla nascita dello Stato sloveno, nel 1992. Ho intrapreso tutte le tappe a partire dall’apprendistato e da altri incarichi al ministero. Dopo, sono iniziati i mandati all’estero, tra cui uno a Roma, come referente per l’Italia. E infine eccomi a Trieste: sono grata di lavorare qui, è una sede speciale». Il consolato del litorale ha infatti il compito di tutelare la minoranza slovena in Italia. Racconta Sergaš: «In Italia, in particolare in Friuli Venezia Giulia, c’è la minoranza slovena più popolosa, ancor più che in Austria o in Ungheria». E anche la più estesa a livello geografico: «Ben 32 comuni, sparsi su tre province, Pordenone esclusa, rientrano nella legge di tutela italiana. Le province di Trieste e di Gorizia quelle con il maggior numero di abitanti sloveni».
La console generale cita a memoria la giurisprudenza. Se ha un dubbio su un comma, Tanja Mljac corre a consultare i codici delle leggi. Niente imprecisioni. «Lo Stato italiano tutela tutte le minoranze con la legge 482/1999. Nel 2001 ne viene approvata un’altra, la 38, apposita per la minoranza slovena in quanto autoctona. Alla base, una lunga storia di trattati: nel 1947, nel 1954 con l’accordo di Londra, in cui troviamo un protocollo specifico per la minoranza slovena, e nel 1976 con Osimo».
Il consolato si fa portavoce della minoranza davanti alle istituzioni italiane e ne promuove le attività. Gli esempi più recenti: Slofest, «la festa con cui ogni due anni la comunità slovena offre a Trieste le proprie eccellenze sportive, culturali, enogastronomiche»; gli eventi organizzati nelle ultime due edizioni della Barcolana di cui le consoli vanno particolarmente fiere; la mostra dedicata a Mario Magajna a Palazzo Gopcevich. «Magajna è stato un grande testimone della storia di Trieste nel Novecento. Era il fotoreporter del nostro quotidiano, il Primorski dnevnik - dice la console generale -. Le sue opere sono di un’attualità impressionante. Tutti abbiamo avuto una storia complessa: vorrei dunque che passasse quest’atmosfera fatta di eventi che uniscono. La mostra è un bel dono per la città».
Tra i punti di riferimento, in città, ci sono la libreria slovena TS360 in piazza Oberdan, che è anche un centro culturale, e l’Istituto sloveno delle ricerche (Slori - Slovenski raziskovalni inštitut) che si occupa di studi storici. Ma i centri culturali sloveni fioriscono in tutta la regione. C’è il Trgovski dom a Gorizia. Lo Slovensko multimedialno okno - Finestra multimediale slovena (Smo), a San Pietro al Natisone. Eppo c’è Topolò, un paesino sperduto tra le montagne delle valli del Natisone, che ogni estate organizza un mese di spettacoli teatrali, cinematografici e musicali tra le sue strade. La Val Canale, dove vogliono aprire una scuola trilingue, con insegnamenti in sloveno, italiano e tedesco. «Alle scuole di lingua slovena e alla scuola bilingue di san Pietro al Natisone abbiamo sempre più iscritti nati in famiglie per così dire “miste” - spiegano le due consoli -. È una novità: in passato gli sloveni della minoranza si sposavano quasi solo tra di loro». Ci sono poi molti italiani che iscrivono i figli alle scuole bilingui per dare loro maggiori opportunità di studio e di lavoro: «Speriamo che anche le scuole italiane inseriscano lo sloveno nei programmi didattici: sarebbe un arricchimento per tutti».
Ma ci sono anche gli aspetti più burocratici del lavoro. Tanja Mljac ricorda quando tra Trieste e la Slovenia c’erano i posti di blocco: «Ero qui nel 2003. C’erano centinaia di persone in coda per i visti. Il lavoro è cambiato dopo l’ingresso della Slovenia nell’Unione europea per ovvie ragioni». Oggi il Friuli Venezia Giulia coopera con la Slovenia in molteplici settori: «C’è un comitato tra la Slovenia e la Regione autonoma che istituisce tavoli di lavoro su economia, trasporti, salute, ambiente e tutti i settori in cui c’è un comune interesse - conclude Ingrid Sergaš -. L’Italia è il nostro vicino più grande, il nostro secondo partner commerciale, e uno dei fondatori dell’Ue: ci teniamo molto alla collaborazione. Abbiamo appena celebrato il 25esimo anniversario dell’indipendenza slovena. È stata un’occasione per attestare la stima reciproca tra i due Paesi». Un messaggio di amicizia e di pace, simile a quello, famoso, che l’allora console Jadranka Šturm Kocjan pronunciò nel 2000 all’interno del Palazzo della Regione: «La multiculturalità, conosciuta e riconosciuta dai suoi abitanti, rispecchia l’autopercezione dell’identità di Trieste, che solo con la sua apertura può cogliere pienamente le proprie opportunità e occasioni».
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