La Corte costituzionale ungherese boccia Orban sul diritto d’asilo

Nessun caso Polonia 2. Sentenza sul filo del rasoio. Ma il governo canta vittoria. Ong di altro avviso

Mauro Manzin
Copyright 2021 The Associated Press. All rights reserved
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TRIESTE. Per la piccola turca di 10 anni annegata nel fiume Dragogna sul confine tra Croazia e Slovenia in Istria la sentenza è stata scritta dalle torbide acque in cui è annegata. Per sfuggire alla polizia, alla giustizia che l’avrebbe rispedita indietro, in Bosnia e poi, forse, fino in Turchia da cui stava fuggendo con la famiglia. Ed è stata una sentenza definitiva.

Di tutt’altro genere ma legata sempre alla fuga mortale della bambina è stata la sentenza della Corte costituzionale ungherese sulla validità o meno del verdetto con cui la Corte di giustizia dell’Ue ha condannato Budapest per l’atteggiamento nei confronti dei migranti al confine con la Serbia: ossia il respingimento automatico cancellando il diritto d’asilo. Una sentenza che poteva essere storica. Storica come quella emessa dal medesimo organo giuridico-istituzionale in Polonia, dove i giudici hanno sancito la supremazia del diritto nazionale su quello europeo. Storica per il sovranismo di Orban come per quello di Varsavia e dirompente per Bruxelles.

Stavolta però le cose non sono andate come il super premier magiaro auspicava. Con sua grande sorpresa la Corte costituzionale - organismo precedentemente rispettato e indipendente, ora pieno di lealisti del governo e trasformato in un'istituzione pro-Orban - ha confermato invece la validità del verdetto della Corte di giustizia Ue, l’acquis communautaire, per adesso, in Ungheria è salvo.

A febbraio, il ministro della Giustizia ungherese Judit Varga ha impugnato una mozione della Corte di giustizia europea, che ha stabilito che Budapest ha violato il diritto dell'Ue quando non ha concesso l'accesso al Paese ai migranti richiedenti asilo e li ha rimpatriati in Serbia. Varga ha affermato che l'attuazione della decisione della Corte di giustizia europea significherebbe che un gran numero di migranti potrebbe rimanere in Ungheria, il che potrebbe influire sulla sovranità del Paese.Così si è rivolto alla Corte costituzionale magiara chiedendo se la sentenza della Corte europea può essere compatibile con la costituzione ungherese. Nel frattempo, la Commissione europea aveva indicato che infliggerà un'ammenda all'Ungheria se la sentenza della Corte di giustizia europea non sarà attuata. La Corte suprema ungherese ha seguito una linea sottile nel suo verdetto, ma ha evitato di giudicare in termini generali se una legge nazionale possa avere il primato sul diritto dell'Ue. «L'interpretazione astratta della Legge fondamentale (costituzione) non può essere oggetto di un riesame della sentenza della Corte di giustizia europea, né la procedura nel caso in specie si estende all'esame del primato del diritto dell'Ue», sta scritto nella sua sentenza. Nel caso specifico, la corte ha affermato che, in alcuni casi, quando l'attuazione delle norme comunitarie non è chiara, il governo può emanare i propri provvedimenti fino a quando non sarà stabilita la necessaria chiarezza.

Gergely Gulyás, il ministro a capo dell'ufficio del premier dà la sua lettura del caso e afferma che il governo «non cambieremo la sua politica migratoria, poiché questa sentenza della Corte costituzionale sostiene la politica ungherese». L'organismo di vigilanza sui diritti umani Hungarian Helsinki Committee ha offerto invece una diversa interpretazione del verdetto della corte e ha scritto: «Il sabotaggio del governo è fallito, la decisione della Corte di giustizia europea deve essere attuata e il trattamento disumano dei richiedenti asilo deve finire». Anche per non dover più scrivere storie come quelle del Dragogna.

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