La corsa sulla sabbia delle tartarughine per battere i predatori e “conquistare” il mare

TRIESTE Proprio in questi giorni, dopo un’attesa di due mesi, stiamo assistendo alla schiusa delle ultime uova di tartaruga marina Caretta caretta sulle spiagge di Sicilia, Basilicata, Puglia, Sardegna e Calabria. Chiamata anche “tartaruga comune”, nidifica perlopiù nel Mediterraneo: le coste di Turchia, Grecia, Cipro, Libia e Italia.
Nei mesi di maggio, giugno e luglio le uova vengono deposte nella sabbia; le femmine, dopo essersi recate sulla battigia nelle ore notturne e averci scavato una buca, adagiano nelle fosse un centinaio di “palline da ping pong”. Dopodiché le ricoprono con cura e le affidano al calore del suolo, come un’incubatrice naturale. Sarà la temperatura raggiunta dalla sabbia a determinare il sesso: con più di 28-29 gradi gli embrioni si svilupperanno in femmine, con meno in maschi.
Mamma tartaruga costruisce in media dai tre ai quattro nidi per volta. La nidificazione non si ripete ogni anno, ma ogni due o tre. Dalla deposizione alla schiusa passano 45-70 giorni: i motivi per i quali il periodo di incubazione varia non di poco sono legati a diversi fattori esterni, come l’andamento climatico stagionale e le caratteristiche della sabbia, dal colore all’umidità.
Le tartarughine, per venire alla luce, devono rompere il guscio che le ospita e, per fare ciò, si servono del “dente da uovo”, una struttura situata sul muso che verrà riassorbita nel giro di due settimane. Ancora non possono fiondarsi in mare, devono pazientare un paio di giorni affinché il carapace acquisisca la consueta forma e il sacco gestazionale si asciughi. La cosiddetta “emersione”, la risalita dei piccoli verso la superficie, ha luogo di notte in modo da evitare i predatori e non sempre è sincrona: può anche protrarsi per alcune giornate.
I piccoli si “tuffano” rapidamente verso il mare, ossia verso ciò che identificano come il punto più luminoso. Nuotano senza sosta anche per 24 ore e si allontanano dalla costa per giungere nelle zone dove nutrirsi. Una volta conquistato questo traguardo, non si può di certo cantar vittoria: la specie è a rischio di estinzione a causa di molteplici aspetti, dal degrado dei litorali scelti per nidificare fino alle catture accidentali con le reti da pesca. —
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