La corsa al riarmo e la tentazione serba di tornare alla naja
BELGRADO. Rischi legati al terrorismo islamico, con i “foreign fighter” balcanici segnalati di ritorno in patria. Frontiere porose da monitorare per arginare l’afflusso incontrollato di migranti irregolari. E tensioni sempre più marcate nella regione e nelle sue vicinanze, con una vera e propria corsa al riarmo in Serbia e in Croazia. E allora, perché non pensare alla reintroduzione della leva obbligatoria, un’altra via per ridare credibilità e risorse umane all’esercito? È questa una delle ipotesi sul tavolo delle autorità di Belgrado, che starebbero riconsiderando di riportare in auge la naja nel Paese balcanico, ufficialmente messa in pensione solo cinque anni fa.
A lanciare la bomba, che sta provocando un acceso dibattito sui giornali e sui social in Serbia – con moltissime voci contrarie registrate sui siti dei maggiori media locali - il portavoce delle forze armate di Belgrado, Jovan Krivokapic. Krivokapic che, in un’intervista trasmessa dalla televisione pubblica serba, ha esordito citando un sondaggio Demostat che rivela che ben sette serbi su dieci sarebbero oggi favorevoli al ritorno della leva. Numeri che «ci fanno piacere» e che indicano una maggioranza che «vede in maniera positiva il ritorno del servizio militare obbligatorio», ha aggiunto il capitano di corvetta.
Numeri e opinioni talmente confortanti, dal punto di vista della “Vojska Srbije”, da aver spinto il ministero della Difesa e gli alti papaveri delle forze armate di Belgrado a creare un «team di lavoro» comune, che tra i «documenti strategici» che dovrà esaminare sarà investita anche di altri compiti «di grande importanza per l’esercito», tra cui quelli collegati «all’eventuale ritorno della leva obbligatoria», ha confermato Krivokapic. La parola passerà poi al governo e infine al Parlamento. Non è ancora chiaro quanto tempo servirà per ufficializzare un’eventuale proposta concreta sulla leva, ma qualcosa si sta muovendo. Di certo, avere dei soldati da utilizzare nel momento del bisogno aiuterebbe le autorità a gestire emergenze importanti, come quella migratoria.
Le pattuglie miste tra polizia ed esercito «vigilano su 670 chilometri di frontiera» e solo nelle ultime due settimane «abbiamo arrestato 25 trafficanti di migranti» e da luglio «sono stati 18.000 i tentativi di attraversare il confine» sventati, ha ricordato da parte sua Krivokapic. Ma un’eventuale ritorno della leva, messa in soffitta nel 2011, si può leggere anche nell’ottica del più ampio – e controverso – processo di modernizzazione delle forze armate serbe, a cui ha risposto la Croazia annunciando il prossimo acquisto di caccia ed elicotteri da trasporto, molto probabilmente di produzione americana. Ultimo tassello nei piani di potenziamento militare di Belgrado, l’acquisto di nove elicotteri, destinati all’esercito e alla polizia. Elicotteri leggeri modello H145M che saranno prodotti in Germania dal colosso Airbus e consegnati a Belgrado – il prezzo di vendita non è stato reso noto - pezzi di ricambio e assistenza inclusi.
Con questo appalto «le forze armate e la polizia saranno equipaggiate con l’ultima generazione di elicotteri per portare a termine le missioni più complesse, combattimento, sorveglianza e sicurezza, trasporti, ricerca e salvataggio, evacuazione sanitaria», ha specificato il ministero della Difesa di Belgrado. Elicotteri che andranno a fare compagnia ai sei aerei-caccia Mig 29 di seconda mano, ai trenta carri armati T-72s e ai veicoli blindati da ricognizione Brdm-2 che saranno donati da Mosca alla Serbia, che però dovrà investire tra i 180 e i 230 milioni di euro per renderli pienamente operativi. «Dopo questa donazione il nostro esercito non sarà più lo stesso», aveva sottolineato il premier Vucic dopo l’accordo con il Cremlino. Esercito svecchiato anche grazie ai trenta Hummer “made in Usa”, che dovrebbero essere donati alle forze armate di Belgrado nei prossimi mesi. Tutti mezzi che, per essere funzionali, avranno bisogno certamente di molto personale. Magari anche di leva.
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