La Consulta croata nega il doppio voto

Sentenza toglie il diritto alle “piccole” minoranze nazionali. Scoppia la protesta della comunità italiana. Kosor sorpresa
epa02822969 Croatian President Ivo Josipovic (R) welcomes to Italian President Giorgio Napolitano (L) during his one day visit to the Croatian capital, Zagreb , 14 July 2011. EPA/ANTONIO BAT
epa02822969 Croatian President Ivo Josipovic (R) welcomes to Italian President Giorgio Napolitano (L) during his one day visit to the Croatian capital, Zagreb , 14 July 2011. EPA/ANTONIO BAT

FIUME. Niente doppio voto alle piccole minoranze nazionali, tra cui quella italiana, niente diritto alla comunità serba ad avere tre seggi garantiti al parlamento croato tramite voto politico. Ieri le comunità nazionali minoritarie in Croazia hanno avuto la sensazione di essere investite da un Tir nell’apprendere la sentenza della Corte costituzionale che abroga parte della Legge costituzionale sui diritti delle minoranze nazionali, definendola “tout court” anticostituzionale. A nulla è valso il fatto che il doppio voto, etnico e politico, fosse inserito nella Costituzione e poi nella legge di tutela delle minoranze e anche nella normativa che regola l’elezione dei deputati. Peggio ancora, è stato calpestato uno degli articoli della legge di attuazione della Costituzione che vieta di mutare il modello elettorale delle politiche a meno di un anno dal voto.

Per le parlamentari si andrà alle urne il 4 dicembre e dunque si è abbondantemente fuori tempo massimo. I giudici della Consulta croata se la sono cavata (per modo di dire) sentenziando che tale regola non vale per le elezioni dei deputati minoritari. Il verdetto non ha sorpreso più di tanto il presidente dell’Unione italiana e deputato dei connazionali al Sabor, Furio Radin. «Sono ormai 20 anni nel mondo della politica croata - spiega - e devo dire che non è facile stupirmi, impresa riuscita ai magistrati costituzionali affermando che il divieto di ritoccare il modello elettorale entro 12 mesi dalle legislative non riguarda le minoranze nazionali. Non so quali interpretazioni bizantine abbiano portato a questa valutazione. La Consulta ha emanato una sentenza politica: potrebbe portare a una crisi costituzionale».

«Sono stati infatti cassati interi articoli della Legge costituzionale - aggiunge - sulla tutela delle minoranze, aprovata in modo unanime dal parlamento. È stata recata offesa al Sabor e anche al presidente della Repubblica Ivo Josipovic, che aveva firmato la legge senza obiezioni. Attendiamo con impazienza una sua reazione». Radin ha fatto sapere che con i colleghi deputati minoritari si muoverà in diverse direzioni: informerà i Paesi amici dell’Unione europea e non su questo scandalo; valuterà se ricorrere in appello alla Corte europea per i Diritti umani di Strasburgo, quindi metterà in moto il meccanismo per mutare la legge sulla Corte costituzionale, per impedire a persone con trascorsi politici o parlamentari di diventare giudici costituzionali. «Per costoro è difficile essere obiettivi – così Radin – avendo anche un passato di crociate contro le minoranze nazionali. Vogliamo che la futura Consulta si occupi meno di politica e più di Costituzione». Per il presidente Ui, dietro il verdetto ci sono interessi trasversali del centrodestra e del centrosinistra ma non quelli del governo che aveva accettato il doppio voto. «La sentenza – conclude - farà la felicità di tante persone alle quali le minoranze disturbano. Il mio progetto è di continuare a disturbare queste persone ancora a lungo. Concludo dicendo che la nostra Comunità nazionale caldeggia il concerto del 3 settembre a Pola, alla presenza del Presidente Napolitano. Bisognerà però vedere quale sarà l’atmosfera, oggi molto pesante». Gli appartenenti alle minoranze continueranno pertando a essere discriminati alle urne, come avvenuto finora: dovranno scegliere se votare il proprio candidato etnico, oppure cerchiare il nome di partiti, coalizioni o liste indipendenti. Non sarà possibile esercitare entrambi i voti. Anche la premier Jadranka Kosor si è detta meravigliata per il verdetto della Consulta presieduta da Jasna Omejec («Farà discutere») mentre il leader delle opposizioni, il socialdemocratico Zoran Milanovic, ha dichiarato che una simile decisione, a quattro mesi dal voto, andava presa molto prima.

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