«La conoscenza su foibe ed esodo? Risultato impensabile fino a vent’anni fa. E il merito è anche di Mattarella e Pahor»
La soddisfazione degli storici che hanno contribuito a portare in luce vicende a lungo ignorate. «Cruciale il ruolo di insegnanti e media»
TRIESTE La conoscenza della storia dell’Alto Adriatico si è fatta spazio nella coscienza degli italiani e gli storici si godono i frutti di un lavoro capillare di informazione, condotto negli ultimi vent’anni in tutta Italia partendo da Trieste.
Il professor Raoul Pupo, in questi giorni, viaggia da una parte all’altra del Paese, invitato dalle varie iniziative organizzate a ridosso del 10 febbraio. «Un risultato eccezionale», commenta lo storico, ricordando che «vent’anni fa, delle vicende della frontiera adriatica sapevano in pochissimi e le idee erano abbastanza confuse, ma oggi mi pare di poter dire che l’operazione Giorno del Ricordo ha avuto successo».
«La mia percezione è allineata con il sondaggio di Swg. Il nostro lavoro di racconto è cominciato prima del 2004, ma prima dell’istituzione del Giorno del Ricordo onestamente ci ascoltavano in pochi. Se la stragrande maggioranza sa che esiste questa storia e la metà dice di esserne informata, mi pare che si sia raggiunto un risultato eccezionale. Molto importanti sono le iniziative formative che si continuano a fare tra gli insegnanti di ogni regione: la conoscenza è ormai radicata fra i docenti e l’argomento penetra così fra i giovani».
Secondo Pupo, «la strumentalizzazione politica è ancora molto forte e la polarizzazione finisce solo per banalizzare il tema. Negazionisti e riduzionisti sono però una quantità molto trascurabile, anche se ottengono visibilità superiore alla loro reale consistenza. Sull’altro versante, rimane la strumentalizzazione di alcune forze politiche, che vogliono usare il Giorno del Ricordo in modo divisivo, ma l’iniziativa dei due presidenti ha giovato moltissimo e si è radicata fra tutte le persone ragionevoli dei vari schieramenti. Ora bisogna andare avanti insieme e il riconoscimento di Gorizia-Nova Gorica 2025 è una grande occasione».
La professoressa Marta Verginella dell’Università di Lubiana nota come «in questi ultimi anni c’è stata maggiore circolazione delle opere storiografiche che hanno trattato la storia delle aree di confine: i lettori italiani hanno potuto fare uso di una ricostruzione sempre più complessa. Allo stesso tempo, però, hanno preso a circolare libri di memorie che si focalizzano ovviamente su percorsi soggettivi e a volte non riescono a permettere di capire la complessità. Il ruolo dei media è fondamentale perché possono amplificare il contributo della storiografia o quello delle singole testimonianze, ma davanti alla guerra delle memorie serve un approccio critico. L’incontro Mattarella-Pahor è stato un forte segnale, ma sappiamo che le forze di destra con la loro retorica impediscono ancora di lasciarsi alle spalle un passato di lacerazioni».
Per Patrick Karlsen, studioso di comunismo e direttore dell’Istituto regionale della resistenza, «le conoscenze si sono diffuse: c’è stato un grande sforzo didattico nelle scuole grazie al lavoro degli istituti della resistenza e delle associazioni democratiche degli esuli. Vero è che la politica tenta sempre di strumentalizzare questa pagina, ma le sortite sono stati frenate dalla lettura di riconciliazione proposta dal presidente Mattarella e dai colleghi degli altri Stati adriatici». Karlsen ricorda «le iniziali polemiche sul Giorno del Ricordo, ma negli ultimi dieci anni si è creato un clima di dialogo, che ha favorito l’analisi di quegli eventi. Il passare del tempo aiuta a far decantare la memoria e avere meno implicazioni di vissuto personale: non è negativo, perché vicende storiche complesse richiedono un distacco critico per essere capite a fondo». D.D.A.
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