La confessione si adatta al Covid ma le chiese di Trieste resistono
TRIESTE Una confessione comunitaria, con un’assoluzione generale che consenta ai fedeli l’esercizio di questo sacramento anche in un momento di grave emergenza sanitaria. È la “terza forma” del rito della confessione prevista dal Diritto canonico, che i vescovi della Conferenza episcopale del Triveneto riunitisi lo scorso 7 dicembre, consultata la Penitenzieria apostolica, hanno convenuto di consentire a fronte della situazione di pandemia. Una formula, quella indicata, per ridurre al minimo i contatti tra i sacerdoti e i fedeli in un momento in cui i dati sui contagi restano severi, e che verrà introdotta a giudizio esclusivo dei singoli vescovi diocesani.
La Diocesi di Trieste, in questo caso, non ritiene ci siano condizioni tali da licenziare la “terza forma” del rito della confessione, confermando così la possibilità ai fedeli di confessarsi individualmente, ovviamente seguendo le modalità previste dalle linee guida per fronteggiare il contagio. I singoli parroci – solo quelli appartenenti alle Diocesi che ritengono di avviare la modalità offerta dalla Conferenza episcopale del Triveneto – a breve indicheranno una data per la celebrazione che prevede l’assoluzione generale.
I vescovi della Conferenza episcopale del Triveneto hanno stabilito ciò potrà avvenire in un tempo ben determinato e limitato, ovvero dal 16 dicembre 2020 al 6 gennaio 2021, «avendo cura di separare – indicano – la celebrazione penitenziale comunitaria dalla celebrazione dell’Eucaristia, ed accompagnando il segno sacramentale con un’adeguata catechesi e opera di formazione che metta in rilievo la straordinarietà della forma adottata per il sacramento, il dono del perdono e della misericordia di Dio, il senso del peccato e l’esigenza di una reale e continua conversione». Questo, specificano i vescovi, «con l’invito a vivere – non appena sarà possibile – il sacramento stesso nelle modalità e forme tradizionali e ordinarie», la confessione individuale per intenderci.
Se nel corso del primo lockdown Papa Francesco, in un’omelia a Santa Marta, aveva esortato come atto di confessione i fedeli a recitare l’Atto di dolore perfetto, ora i vescovi del Triveneto hanno deciso sia possibile affiancare anche questa formula, che nella celebrazione include la liturgia della parola, la proclamazione delle letture, l’esame di coscienza, l’Atto di dolore perfetto e poi l’assoluzione generale dei presenti. I vescovi, nella stessa riunione, confermando sostegno e solidarietà alle persone, alle famiglie e alle comunità messe a dura prova dalla pandemia, hanno sottolineato la difficile situazione di molte case di riposo e strutture di cura, a livello lavorativo, gestionale ed organizzativo evidenziando, in particolare, gravi problemi di carenza e turnazione del personale. Esprimendo vicinanza ai lavoratori di queste realtà, è stato rinnovato «l’auspicio che quanti hanno competenze e responsabilità ai vari livelli – politico, istituzionale, economico ed imprenditoriale – possano affrontare, sbloccare e risolvere tali problematiche».
È stata manifestata preoccupazione anche per lo stato di solitudine, soprattutto spirituale, che parecchi ospiti di queste strutture si trovano a vivere, «talora impossibilitati ad avere relazioni frequenti con i loro familiari – spiegano i vescovi – e a ricevere il necessario accompagnamento religioso e spirituale nei momenti di malattia o finali della vita, poiché risulta difficile anche poter amministrare loro il sacramento dell’unzione dei malati». —
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