La Comunità ebraica: «Conviviamo con la paura»

Il rabbino di Trieste Eliezer Shai Di Martino: «Non è gradevole, dobbiamo stare non con uno ma con due occhi aperti. Grande sostegno dalle forze dell’ordine»
Il vescovo Crepaldi con il rabbino ebraico Eliezer Shai Di Martino (Lasorte)
Il vescovo Crepaldi con il rabbino ebraico Eliezer Shai Di Martino (Lasorte)

La linea di poliziotti e carabinieri davanti al centro pastorale di via Tigor, giovedì sera, illustrava più di tante parole le difficoltà dei giorni in cui viviamo. La ragione di simile schieramento era la XIX Giornata di riflessione di riflessione ebraico-cristiana, durante la quale il rabbino capo della comunità ebraica di Trieste, Eliezer Shai Di Martino, e l’arcivescovo Giampaolo Crepaldi si sono confrontati sul futuro del dialogo fra le due fedi. Sia a margine dell'incontro, con la stampa, che durante la tavola rotonda i due rappresentanti del cattolicesimo e dell'ebraismo hanno espresso delle valutazioni sui fatti di Parigi e sulle loro conseguenze a livello europeo.

Il rabbino Di Martino ha assicurato che la comunità ebraica di Trieste tiene alta l'attenzione: «Noi viviamo in una situazione di allerta da tantissimo tempo. Potrei dire che siamo abituati a viverci. Non è gradevole però dobbiamo avere non un occhio aperto ma entrambi».

Per questo il rabbino ha ringraziato «le autorità e le forze dell'ordine che ci hanno sempre dato un appoggio completo e ora, in seguito agli ultimi fatti, ci stanno dando ulteriore sostegno». Ciononostante «la vita continua e non ci lasciamo spaventare né intimidire da questi eventi. Il fine di azioni come quelle di Parigi è esattamente seminare il terrore e fermare la vita delle persone comuni. Noi continuiamo la nostra vita comunitaria e in città, con gli occhi aperti e con l'appoggio delle autorità». In questo senso il rabbino lancia un appello alla cittadinanza: «Trieste è una città campionessa di convivenza, a parte la triste parentesi della Seconda guerra mondiale e del nazifascismo. Speriamo che si mantenga così e che anche la cittadinanza si prodighi per questo».

Minaccia islamista, sale l'allerta a Trieste
Poliziotti di guardia davanti alla sinagoga di via San Francesco in un'immagine di archivio

Secondo l'arcivescovo Crepaldi «l'atteggiamento dei cattolici deve essere duplice, l'ha indicato bene il Santo padre»: «Innanzitutto deve esserci una condanna ferma, decisa, perché atti terroristici di Parigi sono atti disumani che vanno in una direzione contraria alla cultura, alla civiltà occidentale, e anche alla fede cristiana. L'altra strada è quella di recuperare una serie di valori, anche attraverso un dialogo inter religioso che vada a sanare quel fronte di relativismo e di nichilismo che sta invadendo l'Europa. Io credo che la sfida che viene dall'Islam non possa essere accolta dal vuoto, ma da un ritorno alle radici giudaico cristiane dell'Europa». Crepaldi è tornato sull'argomento anche durante la tavola rotonda: «Martire non è chi uccide nel nome di Dio, ma chi è disposto a morire per difendere Dio e la sua fede», ha dichiarato. L'arcivescovo ha poi espresso «tutta la pietas nei confronti delle vittime dell'attacco a Charlie Hebdo. Non posso però non aggiungere un'altra considerazione: mi sono sentito offeso nel vedere alcune delle loro vignette. Spero che il futuro della Francia e dell'Europa non sia bilanciato sulle prospettive veicolate da quel giornale». Al termine dell'incontro il rabbino ha sottolineato l'importanza del dialogo fra le due fedi monoteiste, aggiungendo che «ora è una sfida in più includere anche l'islam in questo dialogo, per la nascita di una società giusta».

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