La Commissione Ue dà semaforo verde: «La Croazia pronta per l’area Schengen»
TRIESTE Jean Claude Juncker è stato di parola. Nel suo recente viaggio a Zagabria aveva promesso all’amico premier Andrej Plenković (influente personaggio nel popolo del Partito popolare europeo) che la Croazia avrebbe ricevuto semaforo verde per l’ingresso nell’Area Schengen sotto la sua presidenza della Commissione Ue. E così è stato. Ieri nella penultima sessione dell’esecutivo europeo a guida Juncker è stato deciso che la Croazia rispetta tutti i requisiti tecnici per l’ingresso nella zona senza confini e ha quindi raccomandato il Paese ex jugoslavo al Consiglio Ue perché dia, a sua volta, l’assenso definitivo a Zagabria a entrare nell’Area Schengen.
E a nulla sono valse le precisazioni e le obiezioni mosse dal commissario europeo ai Trasporti, la slovena Violeta Bulc la quale ha sostenuto, pienamente in linea con quanto sostenuto dal premier di Lubiana Marjan Šarec, che tale decisione andrebbe presa dalla futura Commissione che sarà guidata dalla tedesca Ursula van der Leyen anche perché attualmente nell’Area Schengen ci sono alcuni Paesi che hanno momentaneamente interrotto tale regime a causa del problema dell’immigrazione, la quale, lungo la cosiddetta rotta balcanica ha quale “peccato mortale” proprio il confine tra Croazia e Bosnia-Erzegovina (futuro confine esterno di Schengen) da dove continua il passaggio illegale di migranti verso l’Europa centro orientale.
Come sottolineato dalla Commissione europea, la valutazione è il risultato di un lungo processo di confronto e cooperazione. Il monitoraggio effettuato dalla Commissione stessa e dagli Stati membri, nonché la risposta dei piani d'azione hanno gradualmente migliorato la capacità di Zagabria di soddisfare le condizioni. È stato altresì ritenuto che la Croazia abbia adottato tutte le misure necessarie per attuare le parti pertinenti della legislazione di Schengen. Tuttavia, Zagabria dovrà ancora proseguire i lavori in corso, in particolare nel settore della gestione delle frontiere esterne, al fine di garantire che i negoziati siano completati.
Secondo i critici (in prima fila la Slovenia, ma spalleggiata anche da Francia e Germania), la Commissione europea non ha tenuto conto del mancato rispetto delle condizioni associate all'insufficiente organico, alle soluzioni tecniche insoddisfacenti e al mancato rispetto del sistema di impronte digitali Eurodac. Per la Slovenia, la questione dell'incapacità di controllare le frontiere esterne è cruciale. Ciò è particolarmente delicato nel contesto del numero di migrazioni illegali lungo la rotta balcanica, che è aumentato del 70% quest'anno e che avrebbe dovuto essere preso in considerazione nelle stime della Commissione europea. Ecco perché la decisione di ieri diventa una decisione “politica” e non squisitamente tecnica come aveva chiesto sempre in prima linea la Slovenia che, lo ricordiamo, ha ancora aperto il contenzioso relativo ai confini marittimi e terrestri con la Croazia la quale si ostina a non riconoscere l’arbitrato formulato a riguardo dalla Corte internazionale dell’Aja, mancato riconoscimento che è valso a Zagabria una denuncia slovena alla Corte europea per violazione delle norme europee (il procedimento è in corso).
La parola adesso passa però al Consiglio Ue (serve l’unanimità e quindi già pende il veto di Lubiana). Croazia in Schengen però non sarà all’ordine del giorno entro la fine del 2019. Nel primo semestre del 2020 sarà proprio la Croazia presidente di turno dell’Ue per cui non potranno essere adottati provvedimenti che la riguardano in prima persona. Nel luglio 2020 sarà il turno del la Germania che non vede di buon occhio la Croazia in Schengen. Il 1° gennaio 2022 la presidenza toccherà al Portogallo che difficilmente affronterà un nodo così complesso e dal 1° luglio 2022 la presidenza sarà della...Slovenia. E quella di oggi per Plenković sembra proprio una vittoria di Pirro. —
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