La classe operaia si estingue anche a Est: industria a caccia di manodopera asiatica
BELGRADO. Lo scenario sarebbe stato del tutto inimmaginabile, solo qualche anno fa, in una regione che attirava imprese straniere grazie all’abbondanza di manodopera specializzata e a basso costo. Ma a Est – per emigrazione e culle vuote, con i ritorni degli emigranti che non bastano a colmare i vuoti – oggi si assiste a un fenomeno nuovo, ancora di nicchia ma in forte crescita. Quello di tanti Stati dell’Europa centro-orientale sempre più all’affannosa ricerca di lavoratori stranieri pronti a fare le valigie e a spostarsi per migliaia di chilometri, da un Est ancora più remoto, l’Asia e l’Estremo oriente.
Fenomeno che è particolarmente marcato in Repubblica Ceca, Paese Ue che da anni registra il più basso livello di disoccupazione nell’Unione, oggi all’1,9%, 5,4 punti percentuali in meno della media europea. Cechia dove il governo ha sviluppato una nuova strategia per tentare di far fronte al “labour shortage”, la carenza di manodopera che, secondo Eurostat, colpisce almeno un quarto delle imprese locali. Che cercano invano più di 340mila impiegati e operai, con perdite causa mancata produttività superiori ai tre miliardi di euro all’anno.
Strategia che prevede venga ulteriormente facilitato l’ingresso di lavoratori da Ucraina, Montenegro, Serbia, Moldova, ma anche da svariati Paesi dell’Asia centrale. «Non c’è bisogno di sottolineare i danni provocati dalla carenza di manodopera nella nostra economia, dobbiamo agire con prontezza», ha spiegato Vladimir Dlouhy, numero uno della Camera di commercio.
L’idea di Praga, quella di concedere più flessibilità ad ambasciate e consolati per “arruolare” nuovi lavoratori stranieri, ora anche in Paesi lontani come Filippine, India, Kazakhstan e persino la Mongolia, con quote annuali più “generose” che in passato. Si parla di 40mila posti per gli ucraini, dagli attuali 20mila, ma anche di mille a testa per filippini – area geografica d’interesse anche per la Polonia - moldavi e mongoli, 600 per gli indiani e 300 per i kazaki, mentre saranno svantaggiati i Paesi i cui cittadini potrebbero rappresentare un «rischio per la sicurezza» o a causa del «crimine organizzato», come Iraq, Siria, Afghanistan, Pakistan e Vietnam – ma la Cechia ospita una storica e folta comunità vietnamita, ha spiegato Radio Praha.
Si è mossa allo stesso modo e già l’anno scorso la vicina Slovacchia, dove la maggior parte dei lavoratori extra-Ue (oltre 12mila) già oggi è serba, ucraina, ma anche vietnamita. Qualcosa di simile starebbe accadendo anche nell’Ungheria di Orban, anche se i dati sono fumosi. Il quotidiano Nepszava, tuttavia, in primavera ha parlato di un numero crescente di cinesi, turchi e ucraini in arrivo per coprire i buchi creati dal “labour shortage”.
Dati precisi sono invece quelli che provengono dalla Romania, altro Paese che guarda prepotentemente verso Oriente. Romania dove nei giorni scorsi il governo ha allargato fino a 30mila il tetto dei permessi di lavoro per lavoratori extra Ue, innalzandolo dai 13.500 previsti a dicembre 2018 e ai 20mila stimati solo a gennaio.
Da dove arrivano, i nuovi rumeni? In particolare, negli ultimi due anni, «da Cina e Turchia, i Paesi d’origine» che hanno spedito il maggior numero di lavoratori a Bucarest e Timisoara, ma superati «quest’anno» da manodopera in arrivo da «Vietnam, Sri Lanka, India e Nepal», ha illustrato il portale economico specializzato Business Review. Quali i settori dove gli asiatici sono più ricercati? In testa l’edilizia, ma anche nella cantieristica, nel comparto dell’auto e persino nella ristorazione-hotel, dove cinesi, bengalesi e indiani sono sempre più presenti, ha aggiunto il portale.
Arrivi da Est che sono stati favoriti, in particolare per quanto riguarda il Vietnam (2.800 arrivi), da un accordo ad hoc tra Bucarest e Hanoi, stretto proprio per velocizzare l’ “importazione” di operai da Oriente. Immigrazione legale da Vietnam e Sri Lanka che presto potrebbe toccare anche la vicina Bulgaria. E lo stesso scenario si sta concretizzando in Polonia, “snobbata” da tanti ucraini con le valigie che oggi prediligono la più ricca Germania, sostituiti in acciaierie e industrie della carne con i meno pretenziosi asiatici. —
Riproduzione riservata © Il Piccolo