La Città metropolitana approda a Palazzo Fvg

Iniziativa di Ncd e M5S per spingere l’aula a prendere le distanze dal contestato emendamento del senatore Pd Russo
La fascia tricolore di un primo cittadino
La fascia tricolore di un primo cittadino

TRIESTE. L’assetto istituzionale del Friuli Venezia Giulia, a cominciare dal rango di Trieste elevata a “Città metropolitana” nel tanto contestato emendamento Russo votato in Senato, piomba sulle ferie agostane del Palazzo. Alessandro Colautti, capogruppo Ncd, traina l’opposizione nella nuova sfida al Parlamento e alla maggioranza in Consiglio regionale con una mozione che sarà depositata oggi negli uffici di piazza Oberdan. L’intento del documento è riportare nell’aula consiliare l’intera questione per azzerare qualsiasi previsione di un nuovo status per il capoluogo, innanzitutto, per poi rimetter mano alla riforma Panontin degli enti locali. Le due cose sono collegate a doppio filo: Trieste “metropolitana” avrebbe un peso diverso negli equilibri territoriali delineati dalle unioni comunali, le famose “Uti”, che compongono il resto del Fvg nella nuova legge della giunta Serracchiani. E il Friuli non vuole fare la cenerentola.

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La mozione di Colautti, indifferentemente dall’esito, riuscirà comunque a catapultare sul Consiglio un tema caro alla specialità regionale. Stanando il Pd, soprattutto, e le divisioni tra i dem che siedono in piazza Oberdan e a Palazzo Madama. «Alla luce dell’emendamento Russo - spiega Colautti - Trieste assumerebbe la forma di un’area metropolitana con competenze forti a differenza delle zone rimanenti della regione, divise in 17 unioni. In questo modo si crea una disparità. Proprio in virtù di questo - incalza il capogruppo Ncd - si devono ridiscutere i rapporti di equilibrio magari ridefinendo le aree previste nella riforma Panontin»

. Il consigliere riserva una stoccata pure al Parlamento: la possibilità di un capoluogo “metropolitano” è stata inserita e approvata in Senato con l’emendamento di Francesco Russo nella legge del Consiglio regionale sull’abolizione delle Province passata nel gennaio 2014 e ora all’esame di Camera e Senato. Ma sull’eventualità di un’area metropolitana per il capoluogo, il Consiglio regionale si era già espresso con un fermo no nell’ambito del voto sulla riforma delle autonomie locali.

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La zampata di Russo non è stata quindi digerita, nemmeno negli ambienti Pd. Ma uno status del genere, precisava lo stesso senatore nei mesi scorsi per corroborare la propria iniziativa, darebbe la facoltà all’area provinciale di mettersi insieme per la gestione dei servizi e chiedere finanziamenti Ue. «Ciò - puntualizzava l’esponente Pd - è dimostrato da vari studi: le zone più infrastrutturale e a maggior innovazione, sono le metropolitane. Si punta a favorire la naturale continuità con Capodistria e si aprirà un dibattito sul porto, in modo che Trieste e Monfalcone siano un’unica area».

Colautti scuote il capo. «È un vulnus politico e un attacco alla specialità: è una forzatura che non rispetta la nostra decisione. Ne prendo atto, ma ora chiedo che ciò ritorni all’esame del Consiglio. Perché con un assetto così il capoluogo diventerebbe predominante. Il mio – puntualizza – non è un discorso anti-triestino, ma una proposta che punta ad evitare fratture localistiche e reazioni friulaniste controproducenti».

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L’assessore Paolo Panontin porta avanti la decisione dell’aula: «Io rispetto il voto del Consiglio, che in passato non aveva accettato la costituzione dell’area metropolitana. Penso che ciò sarà confermato». Così il capogruppo Pd Diego Moretti: «Serve l’accordo dell’aula e la nostra posizione è quella già espressa nei mesi scorsi, cioè di contrarietà». Colautti, che ha ottenuto l’appoggio del M5S - «perché il tentativo di Russo è un affronto alla democrazia«, rimarca Elena Bianchi - sta cercando il sostegno di tutto il centrodestra. Fi, con il capogruppo Riccardo Riccardi, dà man forte: «Alcuni parlamentari Pd tentano di asfaltare la nostra specialità. E l’organizzazione della regione è una condizione essenziale».

Il diretto interessato non si scompone. «Il Senato, confermano i costituzionalisti, decide in autonomia. In ogni caso - chiosa Russo - la mia norma introduce solo un’eventualità, quindi la mozione di Colautti è strumentale e politica».

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