La Chiesa slovena boccia la classe politica
TRIESTE Durante le elezioni sono stati in silenzio. Ma, appena nato il nuovo governo targato Janez Janša (centrodestra), i vescovi sloveni hanno preso carta e calamaio e scritto una lettera pastorale dai toni molto duri ed espliciti letta nelle chiese per quest’inizio di quaresima. Un vero e proprio manifesto, hanno definito alcuni media della capitale la missiva che, se nella prima parte si concentra sulla crisi economica e finanziaria in atto, nella seconda esorta i cattolici a riprendersi un ruolo di guida nella società civile e politica del Paese.
Quello dei cattolici è, secondo la Conferenza episcopale slovena, una voce che non si fa sentire e che non viene ascoltata. Un impegno, in questa direzione, dovrebbe essere intrapreso dai partiti politici, dalle istituzioni statali e dagli stessi cattolici in prima persona. Quando i vescovi parlano di impegno dei cattolici per una società giusta pongono l’accento soprattutto sull’educazione, la cultura e la famiglia. Tutti e tre questi fattori sono, per essi, collegati «visto che l’educazione dei giovani inizia in famiglia e poi continua a scuola e nella Chiesa». Per questo i vescovi sloveni vorrebbero che la religione fosse insegnata nelle scuole (in Slovenia ciò non accade mentre in Croazia sì con lo stesso sistema italiano) ma concretamente non spiegano come. Dicono soltanto che in Slovenia questo tipo di interrogativo non viene affrontato in modo adeguato.
«La Chiesa - scrivono - in base alle proprie forze si impegnerà in futuro affinchè i giovani nati in famiglie credenti abbiano accesso a un’istruzione e a una cultura che non siano in contrasto con il proprio credo religioso». E che i vescovi con questa affermazione non pensino solo alle scuole private ma anche a quelle pubbliche viene confermato dal passaggio successivo in cui si legge un vero e proprio invito ai genitori «affinché con il proprio operato nei consigli scolastici facciano in modo che l’educazione dei propri figli vada, come sostenuto dal beato Anton Slomšek, mano nella mano in famiglia, a scuola e nella Chiesa».
I vescovi si rivolgono poi direttamente alla scuola che, a loro detta, deve impegnarsi a sviluppare un’educazione a una vita incentrata sulla famiglia e sul rispetto delle leggi. I credenti poi devono lavorare per dare vita a una società sempre più impegnata a favorire la famiglia e le leggi. E, nel fare ciò, devono profondore il massimo sforzo possibile. Nella prima parte della lettera pastorla, invece, la Chiesa slovena rimprovera al potere di aver guardato senza fare nulla il fallimento di molte aziende e alla giustizia di essere inefficace e lenta. Ma su queste affermazioni l’opinione pubblica slovena è stata molto critica in quanto la Chiesa slovena in fatto di corretta gestione economica proprio non può pretendere di dare lezioni a nessuno vista la figuraccia patita con il fallimento economico della diocesi di Maribor.
E su questo episodio i vescovi hanno speso solo poche parole: «Ci dispiace particolarmente - scrivono - per quanto è avvenuto nella gestione amministrativa della diocesi di Maribor e per questo chiediamo nuovamente scusa». Discorso chiuso. Diocesi di Maribor che peraltro continua a essere sconvolta dai marosi della mala amministrazione e rischia veramente di spofondare nella bancarotta con il fallimento delle due società controllate, Gospodarstvo Rast e Zvon dva, fatto questo che ha suscitato non pochi malumori negli stessi ambiti ecclesiastici. La diocesi di Maribor continua a chiedere scusa sostenendo che quanto sta accadendo è la conseguenza di scelte del passato sulle quali non si può fare più nulla e precisa che i responsabili di una tale catastrofica situazione sono stati allontanati dai loro incarichi, ma da nessuna parte viene scritto o detto che gli stessi saranno penalmente perseguiti. Insomma la Chiesa slovena vuole lavare in casa i panni sporchi.
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