La Cgil indice lo sciopero in Ferriera Ma gli altri sindacati non ci stanno
La fabbrica che non sciopera (quasi) mai stavolta scenderà in piazza o lo farà almeno una parte di essa. La Ferriera è sempre stata giudicata negli ambienti sindacali nazionali uno stabilimento a bassissimo tasso di conflittualità, ma la Cgil continua a denunciare le incertezze del piano di riconversione e ieri ha indetto una mobilitazione di otto ore per mercoledì prossimo. Sotto la sede della Regione di piazza Unità manifesteranno i lavoratori dipendenti e gli interinali, che sempre ieri hanno avuto il primo incontro con l’assessore Alessia Rosolen, giudicato tuttavia insoddisfacente. Il fronte sindacale resta spaccato, con le sigle favorevoli alla riconversione che non si asterranno dal lavoro.
Nell’assemblea convocata dalla Fiom, il segretario provinciale Marco Relli ha messo in fila tutti i motivi che hanno condotto il sindacato a dichiarare lo sciopero: i continui slittamenti della chiusura dell’area a caldo e della firma dell’Accordo di programma, il rinvio della cassa integrazione, i timori rispetto a un piano di trasformazione che non convince la Cgil. Qualcosa potrebbe muoversi in realtà già la prossima settimana: il 28 febbraio è stato infatti indicato proprio ieri dal ministero dello Sviluppo economico per un nuovo incontro del tavolo tecnico sull’Adp, convocato l’ultima volta il 23 dicembre.
La speranza dei metalmeccanici della Cgil è ribaltare sul campo gli equilibri del referendum con cui a gennaio i dipendenti della Ferriera hanno approvato col 59% l’accordo fra sindacati e proprietà. I no furono il 41%, ben oltre la rappresentanza della Fiom in fabbrica. Ecco allora che davanti alle incertezze sul processo di riconversione, l’unico dei sindacati schierato contro l’intesa ritiene di poter far incrociare le braccia alla maggioranza della fabbrica, facendo leva anche su una parte dei dipendenti che si sarebbero nel frattempo pentiti di aver approvato l’accordo sindacale.
La mobilitazione potrebbe allargarsi oltre la Ferriera. Ieri sono state indette assemblee che si terranno all’inizio della prossima settimana in aziende in crisi come Colombin, Flex e Principe. In alcuni casi le riunioni sono state volute dall’intera Rsu, in altri dalla sola Cgil. Bisognerà capire se, tra lunedì e martedì, i lavoratori degli altri impianti appoggeranno la mobilitazione dei dipendenti della Ferriera, trasformando il loro sciopero in una più ampia manifestazione del disagio rispetto alle difficoltà in cui si dibatte il sistema industriale triestino.
A scendere in piazza saranno anche gli interinali della Ferriera, in scadenza il 31 marzo. Ieri sono stati ricevuti tutti e 66 nel palazzo della Regione, dove Rosolen e i funzionari del Centro per l’impiego hanno illustrato le strade per la riqualificazione. La prima ipotesi di ricollocazione si basa su contratti a tempo determinato nelle ditte esterne che lavorano nell’appalto Fincantieri. «La presa in carico - spiega Rosolen - partirà prima della scadenza dei contratti. Una strada non obbligata, ma che la Regione ha voluto percorrere con forza, dopo essere sempre stata accanto ai lavoratori. Chiediamo intanto alla proprietà di chiarire i progressi dell’ipotesi di San Giorgio di Nogaro».
Gli interinali saranno convocati per colloqui individuali nelle prossime settimane ma, stando alla Cgil, l’80% di essi si è già schierato per lo sciopero dopo aver subìto l’esclusione dall’accordo sindacale e non potendo quindi partecipare al referendum.
Relli spiega che «la mobilitazione in Ferriera è stata decisa da un’assemblea partecipata da una settantina di lavoratori: mancavano gli operai della cokeria impegnati sui forni e gli interinali chiamati in Regione. Gli altri sindacati erano assenti nonostante l’invito». Il sindacalista sottolinea che «c’è incertezza sul piano industriale, timori di esuberi alla centrale e nella logistica, la Regione ha provocato la chiusura ma non incrementerà la cassa integrazione con risorse pubbliche, il ministro Patuanelli ci aveva assicurato un incontro ma è sparito da ottobre. Figuriamoci come sarà gestita la riconversione: per questo abbiamo indetto lo sciopero e chiesto un incontro immediato al presidente Fedriga».
Relli è ottimista sull’esito della protesta: «Se i presenti in assemblea e gli interinali aderiscono, lo stabilimento si ferma».
Al di là delle appartenenze sindacali, i lavoratori schierati per il no e i somministrati rappresentano d’altronde circa metà dei dipendenti della Ferriera. Il segretario della Cgil Nidil Nicola Dal Magro proclama pure lui lo sciopero per mercoledì 26 febbraio, «ritenendo di poterlo estendere a tutte le aziende dove sia necessario difendere la posizione dei somministrati».
Scontata l’assenza in piazza di Fim Cisl, Uilm, Failms e Usb, firmatari dell’accordo con l’azienda. Per l’esponente della Cisl Umberto Salvaneschi, «lascia perplessi che la Fiom scioperi dopo aver comunque sottoscritto l’accordo sindacale per adesione. Pesano evidentemente gli strascichi di questi mesi. Sappiamo che l’industria triestina è in difficoltà, ma per questo serve un approccio unitario di Cgil, Cisl e Uil». —
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