«La Cartiera Burgo rischia la chiusura»
DUINO AURISINA. Traballa la Burgo: sulla tenuta della fabbrica di San Giovanni di Duino (426 lavoratori occupati, di cui 57 già in esubero e a rischio licenziamento a partire dal 31 dicembre) i sindacati non mettono più la mano sul fuoco, anzi. È l'allarme lanciato ieri dalle segreterie nazionali e provinciali della Cgil, che in un'iniziativa senza precedenti recenti sul territorio, ha convocato un incontro alla Casa della pietra di Aurisina per portare fuori dallo stabilimento i problemi di questa realtà industriale: come ha detto il sindaco, «l'ultimo baluardo sul territorio».
Obiettivo: coinvolgere le istituzioni locali (e la politica regionale in primis) nel salvataggio della Cartiera del Timavo.
Molto tiepida l'adesione dei lavoratori, ma caldi, anzi caldissimi i temi toccati nel corso della serata. A partire dalle tensioni vissute all'interno dello stabilimento e denunciate dalle Rsu. «L'azienda ci ha condotto a una contrattazione di secondo livello sempre più pesante per i lavoratori – ha spiegato Simone Cumin -. Non solo: ha fatto propria l'organizzazione interna spostando i dipendenti più secondo un'ottica di favoritismi personali, ovvero di vicinanza alla direzione, che della trasparenza, così ignorando gli accordi. Gli addetti alle lavorazioni lamentano scelte discutibili sugli investimenti, che hanno inciso poco sui risultati, ma assai sui rapporti in fabbrica».
«Il clima – ha concluso – è molto teso e anche la sicurezza dei lavoratori ne ha risentito: nell'ultimo triennio, nonostante i dispositivi e i corsi messi a disposizione dall'azienda, gli infortuni sono passati da 8 a 20 all'anno. Questo perché il personale è diminuito e dunque la mole di lavoro, complice l'innovazione tecnologica, è aumentata per ciascun dipendente». A incidere il rallentamento (eufemismo) di un mercato, quello cartaio, che si trova in un contesto di grave difficoltà, con aziende in ristrutturazione continua o in chiusura.
Nel quadro si inserisce una crisi generale che in provincia ha accentuato il fenomeno della desertificazione industriale, come sottolineato dal direttore della Confindustria di Trieste, Paolo Battilana, il quale si è appellato «alla Regione per il mantenimento e potenziamento del settore manifatturiero già debole sul territorio».
«Il sindacato ha dovuto affrontare difficoltà notevoli per mantenere l'occupazione negli ultimi 5 anni – così Maurizio Goat, Rsu -: siamo stati i primi ad adottare in un ciclo continuo il contratto di solidarietà e ciò ha consentito di evitare finora il licenziamento di 57 persone. In un contesto in cui il lavoro, fuori da qui, non c'è, noi abbiamo sempre pensato all'occupazione, anche quando abbiamo firmato condizioni non facili da digerire. Nutriamo forte preoccupazione per la tenuta dello stabilimento e purtroppo c'è la sensazione che non tutti, tra i lavoratori, ne siano consapevoli». Inoltre è in scadenza l'ultimo anno del contratto di solidarietà, siglato per la salvaguardia degli esuberi, e cosa accadrà poi “rappresenta un grosso problema”. Ecco perché i sindacati hanno messo le carte in tavola e chiesto aiuto. L'eventuale ko della fabbrica metterebbe a rischio, come sottolineato da Paolo Liva (Cgil-Gorizia), anche il porto di Monfalcone, dove il 70% di carico-scarico è cellulosa e il 15% finisce a San Giovanni. «Con tale iniziativa – ha concluso Adriano Sincovich, segretario Cgil-Trieste – apriamo la riflessione con i lavoratori, che contatteremo anche in fabbrica. In Fvg si sono persi 12mila posti e di questi 7.700 solo nel capoluogo: non possiamo perderne altri 426».
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