La “Caorlina” oggi lascia la Sacchetta per arrivare a Venezia

Sei lunghi remi, sei vogatori che faticano stando in piedi come gondolieri, una barca lunga dieci metri e larga un metro e 70, molto diversa da tutte quelle che affollano i moli e gli approdi della...

Sei lunghi remi, sei vogatori che faticano stando in piedi come gondolieri, una barca lunga dieci metri e larga un metro e 70, molto diversa da tutte quelle che affollano i moli e gli approdi della costa triestina.

Oggi, poco prima delle 9 del mattino, si staccherà dalla zattera della Canottieri Adria, una “Caorlina”, un’imbarcazione nata nel sedicesimo secolo come scafo da lavoro e da pesca lagunare ma attualmente impiegata a pieno titolo in regate e manifestazioni rievocative. Il suo equipaggio si ripromette di congiungere in quattro giorni di navigazione la nostra Sacchetta con Venezia. Il percorso si snoda solo per una piccola parte in mare aperto: da Trieste la “Caorlina” raggiungerà Punta Sdobba , lasciandosi a dritta la strada costiera e il Cantiere di Monfalcone. Entrerà nei pressi della foce dell’Isonzo nel canale Isonzato, punto terminale di quella Idrovia litorale veneta che in 127 chilometri di voga li condurrà nella laguna di Venezia percorrendo canali artificiali e tratti naturali ricavati dai fiumi Stella, Tagliamento, Lemene, Livenza, Piave e Sile.

«La Caorlina sarà accompagnata nel suo raid da altre due imbarcazioni della Canottieri Mestre. Una jole da mare a quattro vogatori e un Cig, un quadruplo con timoniere dove vogheranno alcune ragazze», spiega Francesco Fegitz, il dirigente dell’Adria che assieme al presidente della società Bruno spangaro si è occupato degli aspetti logistici triestini del raid remiero. «La Caorlina - spiega – è costruita in legno, ha il fondo piatto e pesa circa 450 chilogrammi. Non è una barca da regata e non può essere tratta a secco o messa in mare a forza di braccia. Serve invece una gru che ci è stata messa a disposizione dalla Società triestina della vela. Il raid fa parte di una serie di celebrazioni che la Canottieri Mestre ha varato per celebrare i suoi primi 40 anni di attività».

Non sfugge a nessuno che la presenza della “Caorlina” rappresenta un evento del tutto inusuale per il nostro golfo, una presenza che però si inserisce nella rinascita e nella valorizzazione della voga alla veneta per troppi anni dimenticata anche in laguna e nei territori che furono di “San Marco”. Gli storici della marineria ritengono che il nome dell’imbarcazione sia in qualche modo collegato all’ubicazione – Caorle - del primo squero in cui fu realizzata. L’impiego tipico era quello di barca da trasporto, specialmente di ortaggi e frutta ma anche di materiali da costruzione. Da qui i due nomi: “Caorlina de frutaroli” e “Caorlina de mureri”. Esisteva anche una variante adibita alla pesca- “Caorlina de seragia”, dal nome di una rete da posta. Poteva essere dotata di una vela al terzo, ma prevalentemente era spinta da lunghi remi e talvolta nelle acque meno profonde anche da pertiche. Fu usata anche per scopi religiosi. Lo dimostra uno scafo dipinto di nero conservato all’Arsenale di Venezia. Dal 1870 al 1940 trasportò all’ultima dimora sull’isola di San Michele gli arsenalotti passati “a miglior vita”. Da una trentina d’anni le caorline nella versione a sei vogatori- identiche a quella che oggi lascia la Sacchetta - anima le regate storica in cui si affrontano i sestieri veneziani.

Claudio Ernè

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