La camorra a Trieste, altri due indagati
TRIESTE La punta di un iceberg. E un mondo sommerso, fatto di società fantasma, prestanome e nullatenenti. L’inchiesta della Guardia di finanza sul giro di denaro sporco in porto, coordinata dalla Procura di Trieste, si allarga a nuovi filoni investigativi. Altre perquisizioni, altri due inquisiti. Nulla si ferma, dunque. Non ora che gli arresti messi a segno dal Nucleo di polizia economico-finanziaria delle Fiamme gialle hanno scoperchiato uno scenario fino a ieri impensabile, da cui la città pensava di essere immune.
Tutto ruota attorno alla Depositi Costieri Trieste spa, l’azienda specializzata nello stoccaggio di prodotti petroliferi e gravata da un debito con l’erario di oltre 30 milioni di euro per accise non pagate dai clienti. L’impresa, ora commissariata, a metà dell’anno scorso era stata ceduta alla Life srl dall’allora amministratore Franco Napp per 4,5 milioni di euro. Napp aveva accettato l’offerta di Giuseppe Della Rocca, Renato Smimmo e Pasquale Formicola, tutti di origine campana e con alle spalle precedenti per associazione a delinquere.
Gli accertamenti degli investigatori sono partiti da un interrogativo: perché comprare una realtà sull’orlo del crac a una cifra milionaria? Il marcio è venuto a galla dall’esame sui dati di bilancio: i soldi usati dai tre campani erano a “costo zero”. Arrivavano cioè da un’enorme macchina del riciclaggio, frutto di un giro di false fatturazioni pari a 160 milioni di euro ed evasioni di Iva per 35 milioni.
Il denaro era stato messo a disposizione della Life da una società controllata, la Petrolifera Italiana srl, con a capo ancora Della Rocca, Smimmo e Formicola. Secondo gli inquirenti la srl sfornava i pagamenti fittizi.
Investire nel settore dei carburanti, alterando la concorrenza con proventi di origine illecita, avrebbe fruttato nel tempo palate di quattrini con cui oliare ulteriormente il meccanismo.
Il primo round della corposa indagine dei finanzieri - diretta dal Procuratore Carlo Mastelloni e dal pm Lucia Baldovin, titolare del fascicolo - si è chiuso con tre mandati di arresto. L’operazione è avvenuta nel primo mattino dell’altro ieri nel napoletano, tra Volla e Cercola, con l’impiego di ben cento militari. In manette sono finiti proprio Della Rocca e Smimmo. I finanzieri sono piombati in casa dei due indagati. Formicola, che a detta degli inquirenti sarebbe legato a un importante clan camorristico, è invece riuscito a fuggire: non è stato trovato nella propria abitazione al momento del blitz. Si sarebbe accorto della presenza dei militari grazie alle telecamere che aveva installato per motivi di sicurezza. L’uomo, conferma la Guardia di finanza, è ancora ricercato. Nel frattempo sono stati sequestrati quasi 35 milioni di euro tra beni mobili e immobili.
L’indagine va avanti. Anche perché, da quanto si apprende, i milioni requisiti sarebbero riconducibili non solo alle tre persone destinatarie delle misure di custodia cautelare (disposte dal gip Guido Patriarchi), ma pure ad altre due persone. E forse a ulteriori società coinvolte nell’inchiesta. Società fittizie, partorite con un sistema di prestanome per disperdere le tracce.
In attesa di far scattare le manette ai polsi del terzo ricercato, il nuovo step investigativo ha posato la lente di ingrandimento su altri due indagati, che sarebbero stretti da legami di famiglia con i personaggi già arrestati. Si prospettano ulteriori colpi di scena nei prossimi mesi.
La Finanza intende passare al setaccio ancora bilanci, denaro e società. Si continua, insomma, dopo il mastrodontico lavoro dei mesi scorsi, quando gli inquirenti avevano esaminato oltre trecento conti correnti bancari e postali per 1 miliardo di euro e per un totale di 5 mila faldoni. «Abbiamo lavorato giorno e notte, sabati e domeniche - aveva detto durante la conferenza stampa dell’altro giorno, assieme al procuratore Carlo Mastelloni e ai vertici della Guardia di finanza, il comandane del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Trieste Enrico Blandini.
Tra i tanti nodi da sciogliere, ce n’è uno di non poco conto. Che fine faranno i soldi che l’ex amministratore della Depositi Costieri, Franco Napp, ha ricevuto dai tre indagati napoletani nell’operazione di compravendita? La cessione della Dct era stata pattuita, nonostante il debito milionario con l’erario, a circa 4,5 milioni di euro. Napp aveva ricevuto solo un “acconto” da 1 milione, mentre il resto sarebbe stato saldato a rate nei mesi successivi. Ma si tratta di proventi di riciclaggio. Cosa ne sarà di quei soldi? Se ne occuperà la magistratura.
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